Sembra una barzelletta, ma l’incidente di cui vi parliamo poteva trasformarsi in catastrofe. Urbi et orbi. E vi spieghiamo il perché. Circa un mesetto fa, il Pentagono e la Casa Bianca fecero la voce grossa. Nel Mar Cinese meridionale, dalle parti di Taiwan, tanto per essere chiari, un sofisticatissimo sottomarino nucleare Usa, il “Connecticut”, della classe “Seawolf”, avrebbe colpito “qualcosa”. O, in cauda venenum, forse sarebbe stato speronato da un “oggetto misterioso”.
L’unità militare era in missione di pattugliamento, per cui gli strateghi che affiancano Joe Biden, nello Studio Ovale, hanno pensato a una possibile provocazione di Pechino. Benché i contorni dell’incidente apparissero, sin da subito, misteriosi. D’altro canto, in pochi credono che la Cina possa spingersi fino ad azzardare veri e propri atti di guerra. I “nipotini” di Confucio, sempre così flemmatici e pazienti, abituati a giocare come il gatto col topo, mai si sarebbero infoiati al punto da scendere alla rissa da cortile.
Quindi, agli analisti più attenti i conti non tornavano. I cinesi “recitano” le minacce, ma non passano quasi mai a vie di fatto. Glielo ha insegnato Lao-Tze, più di 2.500 anni fa. Allora? Scartata quasi subito l’ipotesi degli “alieni”, per evidenti motivi neurologici, a qualcuno, un po’ più scettico, è venuto in mente di ripassare la scopa in casa propria. Cioè, di vederci più chiaro nelle testimonianze degli ufficiali del “Connecticut”, il cui incidente ha provocato almeno 11 feriti. Mettendo a rischio, oltre alle vite dell’equipaggio, anche il reattore nucleare che ne alimenta la propulsione.
Inchiesta sotto le direttive del comandante della Settima flotta, il contrammiraglio Karl Thomas. E qua bisogna parlare di un secondo imbroglio, dopo quello principale. L’anticipazione della “chiusura indagini”, data dal prestigioso sito dello US Naval Institute, parlava di “collisione con un altro sommergibile” (i cinesi, è ovvio). L’inchiesta, però, quella che non si è potuta “silenziare”, ha fatto venire a galla verità scomode e abbastanza inquietanti. Perché qualcuno ha “cantato”. E così sono saltati fuori dati, cifre e tracce sonar, che dimostravano come lo scafo militare fosse, inopinatamente, andato a sbattere contro una montagna. Sottomarina, è chiaro.
Per cui, visti il pozzo di soldi che è costato ai contribuenti americani cotanto gioiello della tecnologia (un “botto” di 5 miliardi di dollari, al conio attuale), grazie anche alle apparecchiature “marziane” di cui è dotato, le opzioni interpretative rimaste sono quelle che seguono: a bordo forse dormivano. O mangiavano. O, più probabilmente, e sia detto senza nessuna irriverenza, bevevano. In ogni caso, hanno preso cavoli (diciamola così) per lampioni e, per discolparsi, hanno probabilmente gettato la croce addosso ai cinesi. Magari senza accusare nessuno apertamente, ma solo instillando dubbi e sospetti.
Naturalmente, chi doveva rompersi le ossa, se l’è rotte. Il capitano e un paio di ufficiali sono stati “dimissionati”, su due piedi, dalla Marina. Il contrammiraglio Thomas, nelle sue conclusioni, ha scritto: “Un buon giudizio, un processo decisionale prudente e l’aderenza alle procedure richieste nella pianificazione della navigazione, nella gestione del team di guardia e in quella del rischio, avrebbero potuto prevenire l’incidente”. Insomma, più che una “chiusura indagini”, sembra un epitaffio.
Questa volta, però, a colare a picco è stata la credibilità degli americani che, per mascherare una figuraccia, si sono coperti di ridicolo. Accusando prima i cinesi e poi, vista la mala parata, prendendosela perfino coi marziani.