
Il covid rende evidente il fallimento dello stato romeno. «Centinaia di morti al giorno. La campagna vaccinale ferma. L’ennesimo rogo in un ospedale pubblico. In Romania le istituzioni sono paralizzate dalla corruzione. E la politica è impotente», denuncia Ioan Stanomir, politologo rumeno sul Foglio.
«Dall’incendio del club Colectiv (che a Bucarest nel 2015 causò la morte di 64 ragazzi e ragazze) fino al rogo il 1 ottobre nel reparto covid di un ospedale di Costanza, che ha ucciso nove pazienti, il filo conduttore del presente è l’incompetenza, l’irresponsabilità della politica e di chi governa il paese», spara il politologo rumeno sul quotidiano italiano.
Lo stato romeno non è in grado di adempiere ai suoi doveri più elementari, tra cui la difesa della salute e della vita dei suoi cittadini.
Del fallimento dello stato ha parlato di recente il presidente della repubblica Klaus Iohannis. «Nel suo discorso, però, ha dimenticato di aggiungere che il capo dello stato è uno dei principali responsabili delle scelte politiche e istituzionali che hanno portato a questa situazione». Il primo ministro Florin Cîţu – sfiduciato dal parlamento pochi giorno dopo il rogo, il 5 ottobre – aveva promosso un’indagine sull’accaduto e fatto dimettere un paio di funzionari di rango secondario.
«Sono decenni che le alte cariche pubbliche si muovono secondo questa strategia basata sul principio che lo stato è infallibile e i cittadini che muoiono e soffrono sono responsabili della loro sorte. La linea seguita da Iohannis diventa ogni giorno di più un modello d’improvvisazione e mediocrità», l’opinione molto argomentata del severo Ioan Stanomir.
Attualmente in Romania il potere esecutivo è affidato a una struttura potente ma opaca: il Cnsu (Comitato nazionale per le situazioni di emergenza). «Dietro questa sigla si nasconde un governo che vuole esercitare il potere con una logica emergenziale, l’autoritarismo e la paura».
L’insuccesso della campagna vaccinale, accompagnato da un vertiginoso aumento di contagi e di decessi per covid, «porterà di nuovo alla limitazione dei diritti costituzionali».
La condizione in cui si trova oggi lo stato romeno non è la conseguenza di un’implacabile fatalità storica. È il risultato di una serie di scelte politiche fatte in passato, continua l’analista. «L’attuale classe dirigente ha ereditato, sia dal periodo comunista sia dall’ideologia degli anni della transizione alla democrazia, un modello di pensiero e di confronto con la popolazione improntato alla sottomissione dei cittadini».
«La corruzione di oggi, messa a nudo dalle tragedie che si ripetono negli ospedali del paese, è solo una parte del complesso sistema di sfruttamento parassitario delle risorse pubbliche. Gli stanziamenti di fondi e il sistema di nomine pubbliche sono i mezzi usati dalla politica per garantirsi una brutale ingerenza in ogni settore».
Il fenomeno più preoccupante è forse la rottura che si è creata tra stato e cittadini, evidenzia la nota. La fiducia nella politica drammaticamente azzerata. «Ormai i cittadini accettano rassegnati l’arbitrio e la discrezionalità con cui agisce il governo e i privilegi che costituiscono le fondamenta su cui poggia l’intero edificio dello stato romeno».