La Pravda beffa di Trump, Правда in russo, Truth in americano, Verità è solo il titolo. La storia della Правда vera

L’ex presidente americano ha annunciato un nuovo social network “contro la tirannia dei Big tech”: si chiamerà come il vecchio quotidiano sovietico, ma in America non desta particolare sorpresa, salvo ironia. Donald Trump, che aveva improntato buona parte della sua ultima corsa alla Casa bianca “contro la mostruosa minaccia comunista” incarnata da Kamala Harris, ha deciso di lanciare un social network di sua proprietà e di chiamarlo come l’organo di stampa ufficiale del Partito comunista dell’Unione sovietica.

La fondazione de la Правда vera

Il 5 maggio 1912 (il 22 aprile secondo l’antico calendario giuliano in uso in Russia), a San Pietroburgo, nel giorno dell’anniversario della nascita di Karl Marx, fu fondato un giornale destinato ad avere una lunga storia: «Pravda» (Verità) aveva già avuto in realtà  una breve vicenda  precedente, benché oggi sembri poca cosa in confronto alle successive glorie. Ai tempi della rivoluzione del 1905 infatti era già circolata a Mosca una testata illegale con lo stesso nome, ma questo titolo all’epoca si richiamava ad un antico codice medioevale russo conosciuto come «Russkaya Pravda» e in quel contesto la simbologia legata al nome significava più ‘giustizia’ che ‘verità’. Inoltre, durante il periodo di esilio a Vienna, nel 1908 Lev Dadivovic Bronstein, meglio noto come ‘Trotsky’ aveva già fondato un periodico (non autorizzato) con lo stesso nome: da questo giornale, dopo che la corrente di Vladimir Ilych Uliyanov ‘Lenin’ era stata espulsa dal Partito socialdemocratico russo dei lavoratori, derivava direttamente «Pravda». La prima fase di vita della testata a San Pietroburgo, nata appunto come organo ufficiale della corrente menscevica, fu però relativamente breve: a parte i consueti e frequenti sequestri di polizia, nel 1914, allo scoppio della Prima Guerra mondiale, di fatto la pubblicazione fu sospesa dalla censura. Si trattava comunque di un giornale diffuso e temuto che poteva vantare una tiratura tra le quarantamila e le sessantamila copie: un numero importante in un paese dove la maggioranza della popolazione non era in grado di leggere e scrivere correntemente.

Rivoluzione ed epoca sovietica

La rivoluzione del febbraio 1917, con la cacciata dello zar e l’instaurazione di un governo provvisorio, consentì la ripresa delle pubblicazioni, in tempo utile per svolgere un certo ruolo nella rivoluzione d’Ottobre. Il 15 marzo nella redazione riaperta fecero il loro ingresso tre esuli appena tornati dalla Siberia: Lev Borisovich Kamenev, Matvei Kostantinovich Muranov e Josiph Vissarionovic Giughasvili già conosciuto come ‘Stalin’. Nel 1918 la direzione fu assunta da Nikolai Ivanovic Bukarin che rapidamente rafforzò così la sua posizione politica diventando un apprezzato teorico del marxismo. Come è noto però alla fine degli anni Venti l’unico a restare in gioco fu Stalin e l’incarico di direttore del quotidiano, per quanto prestigioso, si rivelò pericoloso per molti. Da «Pravda» nacquero anche «Komsomolskaya Pravda», espressione dell’organizzazione giovanile del partito e «Pionerskaya Pravda», destinata ai piccoli pionieri; non mancarono edizioni locali, né edizioni speciali indirizzate all’Armata rossa. «Pravda» divenne insomma l’espressione ufficiale non solo del partito dal punto di vista ideologico, ma anche più in generale politico commentando le notizia delle vicende nazionali ed internazionali. Furono celebrati  i successi dei piani quinquennali, si esaltò la figura di Alexey Stakanov, si lodarono i film di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn e, soprattutto, durante la guerra patriottica fu condotta una serrata propaganda per tenere alto il morale dei russi e sconfiggere la Germania nazista.

Guerra fredda, ‘cremlinologia’, e declino

Nella sua veste di organo ufficiale del partito comunista dell’Unione Sovietica «Pravda» costituì un’importante pedina anche nel gioco della Guerra fredda: nonostante le rutilanti minacce sovente espresse dal giornale, alcuni analisti americani si convinsero che esistevano invece significati nascosti o di segno opposto. Per quanto possa apparire paradossale ad un certo punto la lettura di «Pravda» fu fatta con maggior attenzione all’estero che non in Russia: in quanto organo ufficiale il giornale puntualmente annunciava le nomine degli alti funzionari – la cui analisi era alla base della cosiddetta ‘cremlinologia’ – e diffondeva anche le posizioni politiche ufficiali all’interno delle quali si cercavano incoerenze e contraddizioni. Nonostante questo imponente apparato interpretativo eventi come la caduta del Muro, le riforme di Gorbacev o il colpo di stato del 1991 non furono però previsti come ci si sarebbe aspettato. Dopo il 1989 cominciò un’inesorabile decadenza e nel 1996 – sia pure per un breve periodo – il giornale fu perfino chiuso. Riprese con un’edizione in linea e pagine in inglese e soprattutto rimase organo del partito comunista della federazione russa, sebbene non siano mancate altre traversie, quali un misterioso incendio nel 2006 nel palazzo che ospitava anche la redazione di altri giornali.

Alla cerimonia del centenario, nel 2012, erano presenti solo membri del partito comunista, solo pochi dei quali erano forse in grado di ricordare gli antichi fasti di «Pravda».  

Condividi:
Altri Articoli
Remocontro