Giornalaio
Giornalismo tutto taxi e distintivo

Una cara amica, fotografa artista davvero brava, mi ha recentemente raccontato una storia tanto emblematica quanto triste. Essendo lei una grande conoscitrice di luoghi poco noti, talvolta inaccessibili, è stata contattata da un giornalista-scrittore (non sappiamo in quale ordine) per un reportage da alcuni di questi posti. Lei che è gentile ha detto di sì e l’ha guidato nella scoperta delicata di paesaggi straordinari e di quegli uomini e donne che li popolano e li rendono speciali.

Non immaginava. Il tale aveva un solo scopo, trovare elementi strambi da raccontare, colorendo storielle. Uso le parole della mia amica: attenzione ai dettagli zero, sensibilità e cura per la magia dei posti e per le persone, meno che zero; fretta, sempre al telefonino a parlare con chissà chi in un altro luogo, arroganza da cittadino fuori dal suo mondo conosciuto, con la cifra ricamata sulla camicia, che si trova in relazione con esseri umani diversi, che hanno fatto scelte estreme, non sempre per propria volontà. Insomma, il giornalismo di taxi e distintivo che siamo abituati a vedere in giro. E che quando ci sfiora ci fa indignare.

Risultato: un banalissimo pezzo scritto in prima persona, senza mai nominare la donna che lo aveva guidato, passo passo. La poesia di vite speciali in un ambiente unico, di lotta e resistenza, piegata alla prosa qualunquista moralisteggiante. Questa esperienza lei me l’ha raccontata un po’ schifata. Ha aggiunto che, oltre tutto, al giornale hanno scelto le foto meno interessanti.

Ho sorriso. Ovvio, le ho detto, questo è. E ci abbiamo bevuto su.

Tags: Polemos
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