
La fine definitiva del programma diretto da D’Andrea nel 2015, quando un drone americano colpì un nascondiglio di al Qaida e uccise un ostaggio americano e uno italiano, Giovanni Lo Porto.
Nel 2017 la nomina di D’Andrea fu il segnale, da parte di Trump e dell’allora direttore della Cia Mike Pompeo, che l’America intendeva adottare una linea molto più dura con l’Iran e che la nuova divisione si sarebbe occupata anche di operazioni clandestine. Due settimane fa l’Amministrazione Biden ha sciolto la Iran Mission Center e l’ha fatta confluire nel settore dell’intelligence, più generico, che si occupa di medio oriente.
Ma attenzione, è nata una nuova divisione Cia che si chiama China Mission. L’ordine delle priorità è chiaro.
«Il pensionamento di D’Andrea contro il suo volere, come è stato spiegato da alcuni colleghi due giorni fa al giornalista americano Zach Dorf, e lo scioglimento della sua unità questa volta indicano che l’Amministrazione americana vuole mandare un messaggio di distensione all’Iran, proprio adesso che si attraversa una fase molto ambigua e pericolosa».
Gli iraniani rifiutano di riprendere i negoziati a Vienna che in teoria avrebbero dovuto portare a un nuovo accordo sul nucleare come quello del luglio 2015».
L’accordo stracciato da Tump in disaccordo con tutti gli altri garanti internazionali dello stesso: Cina, Francia, Russia, Regno Unito, più la Germania e l’Unione europea.
Da giugno, da quando è salito al potere il presidente Ebrahim Raisi, un rinvio dopo l’altro sulla ripresa delle trattative, chiedendo in particolare insistendo la contemporaneità della revoca delle sanzioni economiche Usa seguire alla rottura del precedente accordo.
«Il problema è che nel frattempo l’Iran continua ad andare avanti con il programma nucleare e il paravento della ricerca atomica civile non regge più», sostiene Raineri, riferendosi a un rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica.
L’Aiea aveva dichiarato che l’Iran, a ritmo attuale di arricchimento, avrebbe avuto abbastanza uranio di ‘grado militare’ per costruire una bomba atomica nel giro di un mese. «In teoria oggi quel termine potrebbe essere stato già superato», segnala il Foglio. «Ma questo non vuol dire che l’Iran dispone davvero di una bomba atomica, ma che se avesse la volontà politica di sfidare le reazioni della comunità internazionale –anche quelle violente da sempre minacciate da Israele- potrebbe essere già in grado di produrla».