
Accade a due settimane dall’inizio della Cop26 di Glasgow, l’appuntamento globale sul clima, a cui probabilmente il neo premier giapponese non parteciperà, dopo essere già stato contestato in casa. La questione del riversamento e della riaccensione sono emerse dalla visita del premier alla centrale di Fukushima, gravemente danneggiata dopo il terremoto e lo tsunami del marzo 2011. L’azzardo della riapertura delle centrale ancora danneggiata e migliaia tonnellate di acqua contaminate scaricate in mare con la scusa della riduzione delle emissioni di CO2 ha il sapore della beffa.
Non sono riusciti a fermare la decisione del primo ministro né le proteste di studenti presenti alla conferenza stampa, né quelle mosse nella scorsa primavera da pescatori e Paesi vicini, primi fra tutti Cina e Corea del Sud. Già ad aprile, ben 31 gruppi civili anti-nucleare e pro-ambiente avevano denunciato: «Tokyo rilascerà l’acqua radioattiva dopo averla diluita a livelli non dannosi per l’uomo –così dicono-, ma la diluizione non cambierà il totale della radioattività dispersa».
L’acqua da scaricare in mare è contaminata perché utilizzata fino ad oggi per raffreddare il reattore danneggiato dall’incidente del 2011. Più di un milione di tonnellate di acqua ora immagazzinate in 1.000 serbatoi dalla Tokyo Electric Power Company (Tepco), l’operatore della centrale nucleare. Lo spazio si esaurirà entro l’autunno 2022, e quindi le pressioni sul governo per scaricare tutto in mare. Già lo scorso aprile governo e azienda nipponica avevano comunicato di voler cominciare la complessa operazione di smaltimento durante la primavera 2023.
Il sistema utilizzato dalla Tepco per ridurre le sostanze radioattive nelle acque fino a livelli di sicurezza non è in grado di filtrare il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno, che sarebbe dannoso alla salute umana solo in grandi quantità. Sulla salute dei pesci al trizio nessuno dice.
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