Afghanistan scarica barile, dal G20 all’Onu: soldi a Kabul senza riconoscere i Talebani. Xi e Putin fanno da soli

Afghanistan scarica barile, dal G20 all’Onu: soldi a Kabul senza riconoscere i Talebani. Xi e Putin fanno da soli

20 più o meno Grandi senza Xi e Putin passano la grana all’Onu. «Afghanistan a un punto di rottura con la popolazione in preda a una gravissima crisi umanitaria». Enigma: come aiutare gli afghani senza allentare le pressioni sui talebani per il rispetto dei diritti umani, in particolare per le donne, e non cedere alle richieste del regime, che punta al riconoscimento internazionale.

Fondi a Kabul «senza legittimare il regime»

G20 a gestione italiana, gestione seria, soluzione impossibile: come dare gli aiuto ormai indispensabili agli afghani alla disperazione, «senza legittimare il regime». Bruxelles ribadisce le 5 condizioni: diritti delle donne, permettere aiuti, lotta al terrorismo, governo inclusivo, libertà di andarsene dal paese. Più o meno l’impossibile.

Poi il blocco dei ‘trattativisti’

L’offensiva di Cina e Russia (con i paesi del Golfo e la Turchia), che non vogliono «interferenze ideologiche» e che spingono per un negoziato diretto con i Talebani. E loro, certamente Pechino a Mosca, ma anche Ankara e tutto il mondo petrolifero islamico, con Kabul stanno trattando ormai dal giorno dopo della fuga statunitense.  

Un po’ di soldi ma idee confuse

Dall’Ue un miliardo di euro per la popolazione afghana e ai paesi vicini che sono intervenuti per primi. Gli Usa hanno aggiunto 300 milioni di dollari. «Senza legittimare il governo talebano ad interim». Per questo motivo, Ue e Usa non sbloccano i fondi della banca centrale afghana, che sono congelati (2 miliardi per la Ue, 8 miliardi per gli Usa). Idee confuse, dicevamo.

Ognuno con i suoi  interessi

Joe Biden al G20, ha insistito soprattutto sulle garanzie nella lotta al terrorismo, riferisce attenta Anna Maria Merlo. Grande attenzione al terrorismo anche da parte dell’indiano Narendra Modi che ha problemi con l’islam lì attorno. L’Ue vuole evitare «il collasso del paese». Che vorrebbe dire una nuova ondata di profughi verso casa nostra.

Letterina a Babbo Natale

La Ue chiede che venga garantita la possibilità di uscire «per gli afghani legati alla Ue e ai paesi membri». A «medio e lungo termine», la Ue si impegna a mettere a punto uno «schema pluriannuale per ospitare degli afghani a rischio». In Ungheria? Per i sostenitori dell’aiuto senza «prevenzioni ideologiche», gli interessi variano dal genericamente strategico al più concreto minerario.

La Russia ha già fatto la sua contromossa con un vertice a Mosca il 20 ottobre con la partecipazione dei talebani allargato a Iran e Pakistan.

Carità pelosa denuncia Alberto Negri

«C’è aria di carità pelosa e di qualche altro futuro fallimento geopolitico nel G-20 convocato ieri a Roma. Oltre che un sentore consistente di diplomazie doppie o triple più che di multilateralismo di facciata, anche se Biden parla ipocritamente di “impegno collettivo”. Carità pelosa perché il miliardo dell’Unione europea per l’Afghanistan è destinato più che altro a tenere lontani gli afghani dall’Europa: oggi intanto nella Ue ci sono già 220mila afghani irregolari e nessuno si cura di loro. Non solo. Erdogan ha dichiarato che non può accogliere altri profughi affermando implicitamente che per farlo deve passare ancora alla cassa di Bruxelles».

Sulla pelle degli afghani

Sempre molto severo ma diretto, Negri sul Manifesto. «Sulla pelle degli afghani si gioca una partita più ampia, di cui gli aiuti sono una parte importante. Ai talebani l’Occidente rimprovera di non avere tenuto fede alle per altro vaghe promesse di rispettare i diritti umani e delle donne. In realtà la prima preoccupazione degli occidentali – ma anche della Cina, della Russia e delle potenze regionali come Pakistan e Iran – non sono i diritti umani ma la sicurezza».

Talebani in guerra contro l’Islamic State

L’ondata di sanguinosi attentati attribuiti ai maggiori oppositori dei talebani, i jihadisti dell’Is-K (L’Islamic State Khorassan) «che recluta tra disertori talebani, gli esuli di Al Qaeda, i militanti della rete Haqqani (in ambigui rapporti con l’Isis), i jihadisti uzbeki, tagiki, uiguri e turkmeni presenti in Afghanistan e in Asia Centrale, che non seguono più i talebani e cercano di unirsi all’Isis-K». Con una possibilità ancora da fantapolitica, ma non troppo. Una nuova guerra al terrorismo da parte dei Talebani in difficoltà interna.

Combattere dei terroristi con ex terroristi e personaggi ancora nelle “black list” americane o russe?

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