Abdul Khan era nato a Bhopal, nel nord dell’India,, e si era trasferito con la famiglia in Pakistan nel 1947, quando in cui venne fondato il paese sulla ceneri dell’impero britannico e la separazione dall’India induista. Laurea in Fisica a Karachi, poi a Berlino e Amsterdam, dove inizia a lavorare per una società che arricchiva l’uranio. Fu allora che imparò molte cose sulla tecnologia necessaria per la produzione di armi atomiche. Dopo che l’India realizzò il suo primo test nucleare, nel 1974, Khan decise di tornare in Pakistan per aiutare il suo paese a dotarsi di un’arma atomica che potesse contrastare il vantaggio strategico acquisito dall’India nemica da sempre.
Khan arrivò in Pakistan nel 1976 con due progetti per costruire centrifughe per arricchire l’uranio, processo fondamentale per la costruzione dell’arma nucleare. Secondo un’indagine del governo olandese, Khan aveva rubato quei progetti all’azienda per cui aveva lavorato fino a quel momento. Col sostegno del primo ministro pakistano, Khan aprì un laboratorio per arricchire l’uranio a Kahuta, vicino alla capitale Islamabad. Nel 1992 aveva già sviluppato 3mila centrifughe, e nel 1998 le armi atomiche pakistane erano pronte per essere testate.
Il primo test nucleare pakistano fu realizzato il 28 maggio 1998, con cinque esplosioni sulle montagne del Chagai, nella provincia meridionale del Belucistan, che fecero sollevare dalle montagne un’enorme nuvola di polvere. «A guardarla c’era anche Khan. Il test rappresentò l’entrata del Pakistan nel gruppo delle cosiddette “potenze nucleari”; in un certo senso fu un’entrata “legale”, visto che il governo pakistano non aveva firmato il Trattato di non proliferazione nucleare del 1968, che non permetteva ai paesi che allora non avevano l’arma nucleare di dotarsene», sottolinea il Post.
Con gli anni, Khan trasformò il Pakistan da acquirente a venditore di tecnologie nucleari, uno dei più importanti tra i paesi islamici. All’inizio della creazione dell’arma assoluta, come raccontato dallo stesso Khan, le società occidentali avevano fatto a gara per vendere al Pakistan le tecnologie più avanzate sul mercato, pur sapendo che il paese le avrebbe usate per sviluppare armi nucleari. Col passare degli anni e man mano che metteva insieme il suo arsenale, fu il Pakistan cominciò a vendere le proprie tecnologie ad altri paesi considerati nemici dall’Occidente, tra cui Iran, Libia e Corea del Nord. Partite aperte ancora oggi.
Il ruolo del Pakistan nel mercato delle tecnologie nucleari diventò un enorme problema per i paesi occidentali soprattutto dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, compiuti da al Qaida a Washington e New York. Si sapeva da tempo che al Qaida, oltre ad avere la sua base in Afghanistan ed essere protetta dal regime dei talebani, beneficiava di un certo grado di libertà anche in Pakistan. Gli Stati Uniti in particolare iniziarono a occuparsi attivamente di frenare le attività nucleari del Pakistan, anche per timore che le stesse tecnologie arrivassero nelle mani di al Qaida.
«L’MI6 e la CIA – le maggiori agenzie d’intelligence britannica e americana – cominciarono a tracciare i commerci di tecnologie nucleari, a sorvegliare i viaggi di Khan, a intercettare le sue telefonate, e a pagare persone che lavoravano al suo fianco per raccogliere informazioni sul suo operato», sempre da Il Post.
E iniziarono a emergere prove rispetto al grande ruolo che Khan aveva nel commercio illegale di tecnologie nucleari. Solo nel 2001, dietro forti pressioni degli Stati Uniti (formalmente alleati del Pakistan), e tanti soldi, il presidente pakistano Pervez Musharraf rimosse Khan dal suo incarico, anche se Khan continuò comunque a offrire la sua consulenza al governo.
Khan è morto a Islamabad a causa di complicazioni legate al COVID-19, che aveva contratto quest’estate. Il primo ministro del Pakistan, Imran Khan, ha detto che è scomparsa una «icona nazionale».