
Nel Natale 2020 Johnson fu costretto dalle varianti del Coronavirus alla marcia indietro verso l’isolamento anti virus dopo aver promesso libero calore familiare. «Quest’anno i sudditi della Regina potrebbero non perdonargli una scarsità di prodotti che – come ha riassunto la BBC – si estende persino al latte, ai giocattoli e agli alberi di Natale», avverte Matteo Castellucci su Linkiesta.
Mercoledì a Manchester il premier prova a confondere le acque. «Più che un discorso politico, fatto di obiettivi, strumenti e strategie, ha offerto ai delegati un monologo scoppiettante di battute a effetto, buon umore e ottimismo in dosi massicce. Risultato, tutti ammaliati, risate, applausi, standing ovation. E si riparte per il prossimo show», avverte il diplomatico Michele Valensise sull’HuffPost.
Costruire meglio cosa? L’uscita affrettata e mal gestita dall’Unione europea? Di fatto, battute a parte, il primo ministro sta giocando sulla difensiva, ed è una novità. «Le contromisure di Downing Street sembrano correttivi alla Brexit, in una specie di conflitto di interessi. Anche se la dipendenza dall’estero di certi comparti era un problema strutturale», annota Castellucci.
«Qualche giorno prima, al congresso dei laburisti a Brighton, il leader del partito Keir Starmer aveva usato un linguaggio politico ben più convenzionale di quello del “prestigiatore” BoJo. Piuttosto si tratta di vedere dove va ora il Regno Unito, una volta uscito non solo dalla pandemia ma sempre più anche dall’Europa», ancora Valensise.
In mezzo a quello che i media definiscono «l’inverno del malcontento», teatro, illusioni e bugie. Ad esempio il ministro alla Brexit Lord Frost, ex capo negoziatore a Bruxelles, che parla del «Rinascimento britannico», che somiglia a quello saudita propagandato da Renzi. Frost torna a minacciare Bruxelles di sospendere unilateralmente l’accordo sull’Irlanda del Nord, salvo poi chiedere l’ennesimo rinvio dei controlli doganali sulle importazioni dall’Europa.
Poi il fronte tasse. Il ministro delle finanze Rishi Sunak si impegna a tagliare le tasse, ma non prima di aver riassestato i conti pubblici. «Un colpo al cerchio, uno alla botte». L’1,25% di tasse in più. Una mossa da 36 miliardi di sterline in tre anni. Parecchi parlamentari temono che possa costar loro la rielezione nel 2024Non a caso, è uno tra i nomi spendibili per la successione, quando arriverà il momento. Il punto è proprio quel quando.
Londra felice di navigare in orgogliosa autonomia nei mari aperti dell’Anglosfera, sino all’Indo-Pacifico? Valensise ha dubbi. «E’ lecito continuare a dubitare che la sinergia con Usa e Australia apra orizzonti strategici per un Paese i cui interessi sono ancora così strettamente intrecciati con quelli dei suoi dirimpettai europei».
«Ora chi si aspettava qualche indicazione dal congresso dei Tories è rimasto deluso. Forse non era la sede, ma lo spazio per i programmi è pochino, mentre è abbondante quello per la celebrazione di un leader. Il quale comunque ha portato i conservatori a una vittoria schiacciante e catapultato a Westminster un’imponente schiera di parlamentari che gli devono molto».
«Se ormai la Brexit non è più in discussione, almeno alcune normative a valle potrebbero essere plasmate con una certa flessibilità. La mancanza di camionisti, in gran parte europei, può essere attenuata da regole britanniche meno rigide sulla libera circolazione delle persone tra il Regno Unito e l’Ue. Così pure i necessari controlli sulle merci potranno essere disciplinati con il maggior favore possibile per la fluidità degli scambi.
Il comparto industriale ci spera molto, gli europei hanno lo stesso interesse. E naturalmente non è un fatto che riguardi soltanto il commercio, bensì l’aggancio futuro dell’Uk al resto d’Europa.
A questo punto, se lo volesse, sta a Boris Johnson spegnere i riflettori del palcoscenico e accendere il lume della scrivania per studiare carte e proposte.