
Pronti alla mobilitazione di conducenti militari per aiutare nella consegna di carburante. Boris Johnson ha ordinato che vengano addestrati 150 autisti di navi cisterna militari perché imparino come rifornire benzina alle pompe. La British Medical Association sta facendo pressioni per salvaguardare almeno il lavoro dei medici. Per questi ultimi, il governo britannico sta valutando di creare una corsia preferenziale d’accesso al carburante, per consentire loro di continuare a presidiare ospedali e hub vaccinali.
Dopo l’uscita di Londra dall’Europa, molti autotrasportatori stranieri hanno deciso di abbandonare le strade britanniche, vessati dalla burocrazia in eccesso e dalla ‘rimodulazione’, dal taglio degli stipendi. «Un fallimento da incompetenti nel preparare il paese alla realtà dell’era Brexit», scrive spietato il Telegraph. Se fino a ieri la questione era stata oggetto di polemiche ma comunque limitate, di fronte alla mancanza di benzina il paese scoppia di tensioni sociali e attacchi politici al premier Boris Johnson.
Viene così meno una delle promesse cardine della Brexit: la fine dell’eccessivo affidamento sulla forza lavoro straniera a basso costo, segnala ISPI.
«Brexit vuol veramente dire l’uscita britannica dall’Unione europea tanto sbandierata?», si chiede ad esempio l’ISPI. Sembrerebbe di no. Da mesi i supermercati faticano a rifornirsi di beni primari e molti scaffali rimangono vuoti. Una situazione di emergenza a cui si è aggiunta la mancata distribuzione di carburante: in alcune aree tra il 50% e il 90% delle pompe nelle stazioni di servizio sono restate a secco questo fine settimana nonostante i tentativi di razionamento.
Già due settimane fa Downing Street ha così annunciato lo slittamento da ottobre a metà 2022 dell’inizio dei controlli sulle merci dell’UE che entrano nel Regno Unito. Auto proroga la sua dipendenza dai controlli altrui. Se con Brexit il Regno Unito puntava a riprendere il controllo dei propri confini, al momento gli unici controlli in vigore sono quelli europei sulle esportazioni britanniche verso l’UE. Che non sembra un gran successo per l’orgoglio del regno e per quello personale di Boris Johnson.
Londra vorrebbe ora riscrivere il protocollo sull’Irlanda del Nord. Pensato per tutelare la pace tra le due Irlanda con la libera circolazione anche delle merci, l’accordo obbliga ad un passaggio doganale europea le merci in arrivo dall’isola maggiore che dall’Irlanda del Nord possono entrare direttamente nell’Ue, via Repubblica d’Irlanda. Approvvigionamenti interni britannici sempre più difficili e acquisti più facili e convenienti delle merci Ue che arrivano da Dublino. Un rilevante danno economico oltre che politico, ma mettere a rischio la pace nel nord Irlanda non si può.
La strada per una normalizzazione delle relazioni con l’Europa resta però lunga, e al momento la “Global Britain” resta ancora una “European Britain”.