
Prima l’Afghanistan. Il ritiro precipitoso e confuso, e le critiche di chi accusava l’America di non aver ascoltato né di essersi coordinata con gli alleati. Poi Aukus, definito dal ministro degli Esteri francese «una pugnalata alle spalle da parte di un’amministrazione uguale a quella di Trump ma senza i tweet». Non è esattamente il clima in cui Joe Biden sperava di tenere il suo primo intervento da presidente alle Nazioni Unite.
«Biden ha usato l’occasione per riproporre alcuni dei codici classici dell’internazionalismo statunitense, dalla necessità della collaborazione multilaterale al rafforzamento della governance all’impossibilità di sottrarsi alle mille costrizioni dell’interdipendenza», il commento di Mario Del Pero, dell’ISPI.
«Ma è un discorso che stride con la fragilità della leadership statunitense, così visibile nel fiasco afghano, con l’unilateralismo di tante iniziative, a partire dall’Aukus, e con l’ostentata volontà di promuovere un’aggressiva politica di contenimento della Cina».
I buoni propositi di Joe Biden: «Dobbiamo lavorare insieme, come mai prima d’ora, sulle sfide globali. Dal contrasto al cambiamento climatico, alla prevenzione di future pandemie e per la difesa dei diritti umani, in quello che sarà un decennio decisivo per il mondo». Poi la promesse: «Il ricorso alle armi e agli eserciti dev’essere l’ultima risorsa non la prima. Abbiamo messo fine a un intervento militare in Afghanistan durato vent’anni, e stiamo inaugurando nel contempo una nuova era di diplomazia». E qui casca l’asino, tra buoni propositi e i fatti.
Biden ha poi detto di voler guardare a «nuove aree strategiche (leggi Indo-Pacifico), «avvalendosi sempre delle istituzioni multilaterali», con un accenno anche al ruolo della Ue «partner fondamentale», ma solo a convenienza. Dopo l’intervento, il presidente ha incontrato il premier australiano Scott Morrison ed è rientrato alla Casa Bianca, dove questa sera riceverà il premier britannico Boris Johnson. «Un modo per coordinarsi -suggeriscono gli osservatori-, dopo le reazioni degli alleati europei e in vista della telefonata con il presidente francese Emmanuel Macron». Tentare di metterci una pezza, detto in maniera più semplice.
Nel ‘quasi’ incidente con l’Unione Europea, la Casa Bianca ha confermato l’intenzione di riaprire le frontiere ai viaggiatori europei vaccinati o in possesso di test negativo. C’hanno pensato un anno e mezzo, dopo la chiusura Covid nel marzo 2020 di Donald Trump, finora non era stata ritirata dalla nuova amministrazione.
Nel tentativo – scrive la Cnn – di convincere gli alleati che alla Casa Bianca non c’è un nuovo Trump.
«Ma l’abbandono brutale dell’Afghanistan stride con il lirismo sulla democrazia: gli afgani e soprattutto le afgane, nuovamente sotto il giogo dei taliban, ne sono evidentemente esclusi», osserva Pierre Haski, su France Inter. «Allo stesso modo l’insistenza sugli “alleati e i partner” contrasta con ciò che ha vissuto la Francia con la vicenda dei sottomarini australiani: tre paesi hanno negoziato tenendo all’oscuro uno degli alleati più stretti, per escluderlo da un contratto importante e da una grande iniziativa diplomatica. La sensazione di “tradimento” denunciata da Parigi è condivisa chiaramente (dopo un pesante silenzio) dai più alti funzionari europei. Washington dovrà tenerne conto».
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