Tutti contro Orbán: l’opposizione alle primarie, lui a caccia di Rom. Ungheria prigioniera: dalla democrazia illiberale al sovranismo autoritario
Tutti contro Orbán: l’opposizione alle primarie, lui a caccia di Rom

Dalla destra di Jobbik alla nuova Sinistra ecologista, dai Verdi ai liberali, la coalizione anti Fidesz cerca il candidato per liberare l’Ungheria dalla ‘democrazia illiberale’ e autoritaria di Orban. Tra i favoriti il sindaco di Budapest, il progressista Gergely Karácsony e il capo di Jobbik Gábor Vona.
Orban intanto sceglie il nuovo nemico interno, a caccia di voti reazionari. Campagna del governo contro i rom, la comunità più antica e popolosa d’Europa, vive ghettizzata, a volte impiegata in lavori sociali con compenso minimo

Il sovranismo di Orban a perdere

Più che una previsione, per ora è una forte possibilità, anche dalla cronaca di Sabato Angieri sul Manifesto. «Le elezioni del 2022 in Ungheria potrebbero porre fine a un’era. Non è escluso infatti che Fidesz, il partito dell’attuale primo ministro Viktor Orbán in carica dal 2010, alla fine perda». Contro di lui, per la prima volta, una coalizione che comprende i sei maggiori partiti dell’opposizione, dalla nuova sinistra ecologista e liberale a Jobbik, partito di destra che fino al 2016 denunciava il complotto massonico-giudaico sull’Ungheria, bruciava le bandiere europee in piazza e inneggiava alla difesa della razza. Ma persino per loro, alla fine, Orban si è rivelato troppo.

Primarie per il candidato vincente

Oggi primo turno delle primarie per designare il candidato premier che sfiderà Orbán: per ora i due favoriti sono l’attuale sindaco di Budapest, il progressista Gergely Karácsony e il capo di Jobbik Gábor Vona.

Gli opposti alleati a salvare il Paese

Quanto può tenere una coalizione così? «I diretti interessati assicurano che c’è unità di intenti sul programma di governo e che il loro è stato un gesto di responsabilità verso il Paese». L’impressione -il timore- è che questa volta la scelta fosse tra allearsi o sparire definitivamente. «Infatti, a differenza dei suoi avversari, il capo di Fidesz potrebbe vincere da solo o, come affermano alcuni analisti, potrebbe approfittare della sconfitta per tornare da salvatore della patria quando la coalizione d’opposizione imploderà».

Il nuovo Re d’Ungheria

«Più che un primo ministro oggi Orbán è il re dell’Ungheria e ha creato un sistema neo-feudale che gli garantisce il controllo capillare di quasi ogni aspetto della vita quotidiana del Paese». Due le armi principali usate con spregiudicatezza spesso feroce: il controllo dei media e le riforme costituzionali. Stampa di regime dal 2010 con la legge che consegnava al governo direttamente o indirettamente l’80% dei canali di informazione. Poi la nuova legge elettorale del 2012, cucita addosso al suo partito e che da 11 anni assicura a Fidesz più dei due terzi dei seggi nell’Assemblea Nazionale consentendogli di approvare riforme costituzionali senza bisogno di alleanze.

Complici interessati e senza vergogna

Sul fronte internazionale la solida alleanza con i costruttori di auto tedeschi. Il gruppo Volkswagen in particolare, assicura al primo ministro magiaro un appoggio strategico fondamentale, tra il 9,5 e il 13,5% del Pil nazionale annuo.

La stampa tedesca contro

Va assieme detto che i giornali tedeschi sono stati i suoi più attivi detrattori, con picchi durante la crisi migratoria del 2015 e questa primavera contro la legge anti-lgbtq. La stessa cancelliera Angela Merkel non ha mai lesinato le critiche al suo vicino, soprattutto sui migranti e sugli Eurobond ma, nonostante tutto, i rapporti commerciali tra i due stati sono rimasti costanti e consistenti.

Gli attacchi dall’estero come medaglie

Sui media ungheresi gli attacchi della stampa estera sono (quasi) un motivo di vanto. «La propaganda è massiccia e incessante e c’è sempre un nemico in agguato. All’inizio erano i socialisti, poi i migranti, la lobby lgbtq, i rom, l’Unione europea. Senza contare l’anti-semitismo della classe dirigente che imputa a George Soros tutte le teorie complottiste possibili».

Un’infaticabile macchina del fango

  • Un’infaticabile macchina del fango a sostegno dell’insostenibile.
  • La “legge schiavitù” sul lavoro straordinario obbligatorio, poi abrogata dalla Corte costituzionale;
  • di controllare i sindacati,
  • di criminalizzare i senzatetto,
  • di smantellare le università e metterle sotto il controllo di fondazioni filo-governative,
  • di imbavagliare i media indipendenti in nome della “sicurezza nazionale”,
  • di ammutolire o ridicolizzare l’opposizione politica interna,
  • di costruire una recinzione elettrificata di 175 chilometri al confine con la Serbia,
  • di decurtare fondi dalla scuola pubblica per assegnarli alle scuole religiose,
  • di impiegare in massa poveri e rom nei lavori pubblici per pochi fiorini al mese e licenziare i dipendenti statali che ora sono disoccupati e credono che «gli zingari gli abbiano rubato il lavoro»,
  • di equiparare la pedofilia all’omosessualità.

Costo delle vita pauroso

Oltre a determinare un’impennata del costo della vita pauroso: a titolo di esempio si consideri che un insegnante a Budapest spende in media il 70% del suo salario per un affitto e un agente di polizia è spesso costretto ad avere un secondo lavoro come trasportatore o rider per sbarcare il lunario.

Sui Rom, la persecuzione facile e applaudita

Il nuovo nemico interno. Nel paese c’è la comunità più antica e popolosa d’Europa, vive ghettizzata, a volte impiegata in lavori sociali con compenso minimo, insiste ancora Sabato Angieri. L’Ungheria ha la più alta percentuale di popolazione di origine rom tra gli stati europei e una delle più antiche. Poi la trovata geniale del governo in carica di istituire i “lavoratori sociali” a tagliare l’erba nei parchi pubblici o altri lavoretti simili per un massimo di 200 euro al mese.

I vantaggi per i politici sono molteplici: si risparmiano soldi per gli stipendi dei lavoratori qualificati, si utilizza l’iscrizione alle liste come leva per il voto di scambio (tant’è che molte comunità rom votano per Fidesz).

Tags: Orban Ungheria
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