Riecco Kim: missili cruise che minacciano solo Seul e Giappone ma mettono alla prova gli Usa di Biden

Segnali volanti e minacciosi e mai a caso. La Corea del Nord ha collaudato con successo un nuovo tipo di missile da crociera a lungo raggio. Il lancio è arrivato alla vigilia del ‘triangolare’ Usa, Giappone e Corea del sud, e un prossimo viaggio del ministro degli esteri cinese a Seul. La Cina, non a caso, ha invitato alla calma.

Provocazione raffinata

Questa volta la provocazione della Corea del Nord è di quelle raffinate, bisogna riconoscerlo. Il leader del Paese più chiuso del mondo, Kim Jong-Un, ha fatto testare due missili, che secondo le fonti giornalistiche di Pyongyang, sarebbero caduti (“come previsto”) nelle acque territoriali dello stesso Stato comunista. Scritta così la notizia non dovrebbe avere un grande impatto mediatico. In altre occasioni, i nordcoreani hanno sparato missili ben più potenti e pericolosi. Sì, perché (e qui sta il nocciolo della questione) il vettore lanciato è un cosiddetto “missile da crociera”, con una gittata di circa 1.500 km.

Improbabili bombe atomiche

Tra le altre cose, è “questionable” (tutta da discutere), secondo l’esperta di affari coreani della britannica BBC, Laura Bicker, la sua capacità di imbarcare bombe atomiche. Insomma, per dirla più chiaramente, gli ingegneri di Kim padroneggiano già la tecnologia che consentirebbe loro di miniaturizzare le testate necleari? Molti analisti sospettano di sì. Ma il vero fattore su cui concentrarsi e riflettere è un altro. Il raggio d’azione. I vettori lanciati sono “cruise”, che non seguono una traiettoria balistica, ma volano a bassissima quota, guidati da un computer di bordo.

I primi ‘cruise’ coreani

Nella centralina che governa la rotta sono inserite tutte le informazioni utili a dirigersi sul bersaglio, che così verrà mancato al massimo… di un paio di metri. Seguendo la conformazione del terreno, i vettori si confondono col suo sfondo e con i suoi ostacoli naturali, rendendo quasi impossibile la loro rilevazione ai radar. Ma anche in questo caso bisogna fare alcune distinzioni. Un autorevole commentatore militare, Song Zhongping, citato dal South China Morning Post, afferma che i “cruise” lanciati sabato e domenica “mancano di Terrain control matching e non hanno l’assistenza di satelliti”. Insomma, sono imprecisi.

Senza satelliti a colpire cosa?

E in più sono in grado di colpire solo la Corea del Sud e il Giappone. In sostanza, allora, si questa volta il ricatto di Kim non si rivolge direttamente agli Stati Uniti, ma è più sottile. Minacciando gli alleati più stretti degli americani nella regione, vuole “testare” quale sarà la reazione di Joe Biden.

Specie dopo i contraccolpi derivanti dalla catastrofica ritirata afghana. Il Presidente Usa minimizzerà o, addirittura, si girerà dall’altro lato? Sì, perché i sonni dell’inquilino della Casa Bianca possono essere turbati solo da altri generi di missili. Come quelli della serie “Hwasong”, il cui “tipo 15” ha la bellezza di 13.000 km. di gittata, sufficienti per fare piovere bombe atomiche e desertificare mezza America.

Triangolare Usa Giappone e Corea del sud

Che quella di Kim sia una vera furbata è testimoniato anche da un altro fatto. Tra oggi e domani dovrebbero tenersi colloqui a tre tra Giappone, USA e Corea del Sud. Mentre anche la Cina invita alla prudenza avendo in corso una diplomazia coreana tutta sua. Va anche detto che le esercitazioni con lanci di “cruise” non sono sanzionate dalle Nazioni Unite. In questo momento, gli organismi di controllo internazionali sono più preoccupati dalla ripresa del programma nucleare nordcoreano. Secondo l’Agenzia per l’energia atomica, Kim ha ripreso ad arricchire uranio, molto probabilmente con l’obiettivo di fabbricare altre bombe atomiche. E questo nonostante l’economia del suo Paese sia in ginocchio e la fame si tagli col coltello.

In definitiva, i missili servono a convincere i vicini di casa che si fa sul serio. Se Biden dovesse esitare a reagire, Giappone e Corea del Sud potrebbero cominciare a pensare a un possibile parziale disimpegno americano. E sarebbe un disastro diplomatico.

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