La difficile visita di Papa Francesco nell’Ungheria del sovranista Orban

Visita lampo «solo religiosa». Orbán è tra i leader più distanti dalle posizioni di Francesco, non soltanto sulla questione migranti: per la chiusura delle frontiere e la limitazione delle libertà.
Il messaggio di Francesco a Orbán: ‘bisogna allargare le braccia agli altri’, e mette in guardia dall’ antisemitismo. Il premier sovranista: ‘difendere l’Europa cristiana’. Ma per il premier dei muri anti migranti la difesa dei valori cristiani è portata avanti in funzione anti islam.

Agli antipodi

Il Vaticano non voleva che l’incontro con Orbán fosse strumentalizzato politicamente e ha insistito sul carattere religioso della visita in Ungheria, durata soltanto poche ore: il motivo della tappa è la messa conclusiva del Congresso eucaristico, obbligo ecclesiastico papale, imbarazzo politico vaticano. Ovviamente l’interesse politico del discusso leader sovranista alla vigilia di incerte elezioni politiche era ben diverso, a caccia del consenso della gerarchia cattolica locale e dei voti che essa potrebbe cercare di indirizzare.

Protocollo e gelidi sorrisi

«L’incontro dura quaranta minuti, ci sono anche il presidente della Repubblica János Áder e, per la parte vaticana, il segretario di Stato Parolin e il ‘ministro degli Esteri’ Gallagher», il dettaglio di Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera, ad aiutare a leggero oltre le formalità. «Ma il primo ministro sovranista Viktor Orbán è il più lesto a diffondere la foto nella quale stringe lamano a Francesco: “Ho chiesto al Papa di non lasciare che l’Ungheria cristiana perisca”». Tradotto non solo dall’ungherese, ‘ho chiesto al Papa il sostegno della sua chiesa contro i sostenitori delle libertà sessuali e anti famiglia’. Alcuni dei suoi ormai molti oppositori.

Vertice «privato» e messaggi pubblici

Il Vaticano si limita a un classico «clima cordiale» e non ci sono immagini del Pontefice mentre riceve il dono del premier. Perché anche quello è malizia politica di Orban.
«Una copia della lettera che il re Béla IV nel 1250 aveva scritto al papa Innocenzo IV per chiedere l’aiuto dell’Occidente contro i tartari bellicosi che minacciavano l’Ungheria cristiana», fa sapere il portavoce ungherese.
Contro l’idea di cristianità identitaria di Orbán il magistero di Francesco quando poco dopo parla ai vescovi: «La diversità fa sempre un po’ paura ma l’appartenenza alla propria identità non deve mai diventare motivo di ostilità e disprezzo degli altri».

La cristianità non sovranista

Ma il messaggio di Papa Bergoglio diventa netto, senza possibili travisamenti, alla omelia della Messa celebrata in piazza degli Eroi, con Orban e signora in prima fila. «Davanti alle diversità culturali, etniche, politiche e religiose, possiamo avere due atteggiamenti: chiuderci in una rigida difesa della nostra cosiddetta identità oppure aprirci all’incontro con l’altro e coltivare insieme il sogno di una società fraterna».
Ancora più chiaro. «Il sentimento religioso è la linfa di questa nazione, tanto attaccata alle sue radici. Ma la croce, piantata nel terreno, oltre a invitarci a radicarci bene, innalza ed estende le sue braccia verso tutti: esorta a mantenere salde le radici, ma senza arroccamenti; ad attingere alle sorgenti, aprendoci agli assetati del nostro tempo».

Tappa obbligata ma brevissima

«Il Vaticano ha stretto i tempi e insistito sulla ‘dimensione spirituale’, una tappa per concludere il congresso eucaristico», sottolinea l’inviato del Corsera. Riassumendo le contraddizioni più note tra il credo di Orban e quello della Chiesa rappresentata dal Papa.
Orbán aveva detto: «Proteggeremo l’Ungheria dalla crisi dei migranti». Francesco aveva pregato perché «molti Paesi accolgano e proteggano gli afghani che cercano rifugio».
«Quanto è distante Colui che regna in silenzio sulla croce dal falso dio che vorremmo regnasse con la forza e riducesse al silenzio i nostri nemici!», sillaba il Papa alla messa.

L’antisemitismo e l’olocausto

Papa Francesco ha incontrato, assieme a varie confessioni cristiane, i rappresentanti delle comunità ebraiche del Paese. In Ungheria viveva la più grande comunità ebraica d’Europa e nel 1944 i nazisti deportarono nei campi di sterminio 435 mila persone.
«Ogni volta che c’è stata la tentazione di assorbire l’altro non si è costruito, ma si è distrutto; così pure quando si è voluto ghettizzarlo anziché integrarlo. Dobbiamo vigilare e pregare perché non accada più e impegnarci a promuovere insieme una educazione alla fraternità, così che i rigurgiti di odio non prevalgano».

«Penso alla minaccia dell’antisemitismo che ancora serpeggia in Europa e altrove. È una miccia che va spenta».

Pope Francis during welcome ceremony with Zuzana Čaputová President of Slovakia Republic

In Slovacchia: ‘Legalità, lotta seria alla corruzione’

Papa Francesco nel suo discorso al Palazzo presidenziale di Bratislava, incontrando le autorità e la società civile della Slovacchia. «È necessario adoperarsi per costruire un futuro in cui le leggi si applichino equamente a tutti, sulla base di una giustizia che non sia mai in vendita». «E perché la giustizia non rimanga un’idea astratta, ma sia concreta come il pane, è da intraprendere una seria lotta alla corruzione e va anzitutto promossa e diffusa la legalità», ha detto Francesco
«In queste terre, fino ad alcuni decenni fa, un pensiero unico precludeva la libertà. Oggi un altro pensiero unico la svuota di senso, riconducendo il progresso al guadagno e i diritti ai soli bisogni individualistici».

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