«Stragi di Stato che dalla fine degli anni Sessanta alla metà degli anni Ottanta hanno funestato, con lutti e devastazioni, non solo le vite di cittadini e cittadine inermi sui treni, nelle banche o nelle piazze ma anche lo sviluppo della democrazia costituzionale nel Paese», la premessa dello storico Davide Conti. Così, dopo l’incontro tra i rappresentanti delle associazioni dei familiari delle vittime delle stragi di Piazza Fontana, Brescia, Italicus, Ustica e Bologna e il Presidente del Consiglio, la questione aperta con la nomina di De Pasquale (che aveva suscitato proteste non solo delle associazioni ma anche di studiosi e cittadinanza con raccolta di firme ed appelli) ha trovato una sua logica conclusione istituzionale.
Storia iniziata oltre mezzo secolo fa con la strage del 12 dicembre 1969 nella Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano. «Un tempo in cui componenti non marginali della classe politica, della classe economica dirigente, degli apparati di forza dello Stato e delle organizzazioni neofasciste (tra le quali spiccava Ordine Nuovo, fondato da quel Pino Rauti il cui archivio grazie a De Pasquale è stato acquisito e enfaticamente presentato alla Biblioteca Nazionale Centrale) in nome di una politica interna ed estera organizzata sulla Guerra Fredda anticomunista con operazioni paramilitari contro civili in tempo di pace per far ricadere le responsabilità dei massacri sulla sinistra (Piazza Fontana); punire le mobilitazioni antifasciste e democratiche (Piazza della Loggia); seminare terrore (Italicus) o premere e alimentare un disegno eversivo complessivo contro la Costituzione del 1948 (strage di Bologna)».
Tutte azioni che ancora oggi non sono mai state rivendicate apertamente da una parte politica o da uno Stato, ma che hanno segnato pesantemente l’equilibrio politico-sociale di quella democrazia disegnata dalle madri e dai padri costituenti. «Questo era il quadro in cui si collocò la strage di Milano del 1969 al termine dell’”autunno caldo”, la più grande mobilitazione operaia della storia dell’Italia repubblicana. Questa era la cornice in cui si delineò il disegno regressivo che mosse organizzazioni come la P2».
Le stragi rappresentano il convitato di pietra del nostro ragionare a proposito della democrazia nata dopo il fascismo, la Seconda guerra mondiale e la Resistenza.
Attraverso la continuità dello Stato, uomini e apparati del regime mussoliniano nelle istituzioni della neonata Repubblica, che segnano la transizione complessa e contraddittoria dell’Italia dalla dittatura alla democrazia costituzionale. I mancati conti con il fascismo, ipoteca sullo sviluppo politico-sociale del Paese. Quella di ieri è certamente una buona notizia che nello stesso tempo riflette un monito: la Presidenza del Consiglio ha avocato a sé la gestione di carte importanti su quegli anni sottraendola ad un rischio concreto.
Un rischio ancora peggiore si correrebbe se, in un futuro prossimo, alla Presidenza del Consiglio sedessero esponenti di partiti eredi diretti della «Notte della Repubblica».