Kabul, nuovo governo talebano che sa d’antico. Ex detenuti di Guantanamo ministri. Proteste botte e spari
Kabul, nuovo governo talebano che sa d’antico. Ex detenuti di Guantanamo ministri. Proteste botte e spari

Prima una giornata di proteste coraggiose, ma anche di repressione. I talebani reprimono le proteste contro l’ingerenza del Pakistan. Poco dopo l’annuncio della nascita del nuovo governo dell’Emirato islamico d’Afghanistan. Governo ‘provvisorio’ ma tutt’altro che «inclusivo» e composto per lo più dalla vecchia guardia, compresi alcuni terroristi ricercati a livello internazionale.
A guidarlo Mohammad Hasan Akhund, tra i fondatori del movimento, leader talebano attualmente nella lista dei terroristi internazionali compilata dall’ONU, mentre Abdul Ghani Baradar, noto come uno dei principali leader del gruppo, sarà il suo vice.

Da Guantanamo al governo

  • Mohammad Hasan Akhund è considerato uno dei fondatori del gruppo dei talebani, e aveva già fatto parte del governo talebano dell’Afghanistan prima dell’invasione degli Stati Uniti, tra il 1996 e il 2001, come ministro degli Esteri e vice primo ministro. Hasan Akhund è nato a Kandahar e da 20 anni è a capo della Rehbari Shura, il più importante organo decisionale del gruppo. È considerato più un leader religioso che un leader militare, e la sua nomina è ritenuta una decisione di compromesso tra le varie fazioni del gruppo.
  • Più celebre di Hasan Akhund è il suo vice, Abdul Ghani Baradar, che da tempo è considerato uno dei leader già importanti dei talebani e che è piuttosto noto perché è stato a capo della delegazione che nel 2020 a Doha, negli Emirati Arabi Uniti, contrattò con l’amministrazione statunitense di Donald Trump l’accordo che portò al ritiro delle truppe americane dal paese. Baradar venne arrestato nel 2010 in un’operazione congiunta di Stati Uniti e Pakistan, ma fu rilasciato nel 2018 su richiesta dell’amministrazione Trump, a favorire i negoziati di pace con i talebani.
  • Tra le altre nomine di rilievo e di scontato allarme, quella di Sirajuddin Haqqani come ministro dell’Interno: il leader della cosiddetta Rete Haqqani, gruppo armato afghano con forti contatti in Pakistan che è il punto di contatto tra i talebani e il gruppo terroristico al Qaida. È uno dei criminali più ricercati dall’FBI e su di lui il dipartimento di Stato americano ha messo una taglia da 10 milioni di dollari. La sua nomina a ministro è considerata come un segnale della vicinanza tra il nuovo regime talebano e il Pakistan, il cui governo è esplicitamente favorevole al gruppo radicale.
  • Un’altra nomina di rilievo è quella di Mohammad Yaqoob a ministro della Difesa: Yaqoob è figlio del Mullah Omar, storico fondatore dei talebani e primo leader del gruppo. Il portavoce Zabihullah Mujahid, annota il Post, precisa che il governo è comunque provvisorio, e che in futuro ne sarà nominato un altro, senza chiarire come e quando. Ha inoltre fatto i nomi soltanto delle cariche principali, e non si sa quando saranno rese pubbliche le altre.

Quattro dei «Guantanamo Five»

Quattro dei cosiddetti «Guantanamo Five» vengono premiati con incarichi di prestigio. Catturati nel 2001 quando tentarono una resa negoziata, sbattuti a Guantanamo, sono stati rilasciati nel 2014 in cambio del rilascio da parte dei Talebani del sergente americano Bowe Bergdahl. Ora, annuncia Giuliano Battiston hanno posizioni di potere: mullah Khairullah Khairkhwa alla Cultura e informazione, Abdul Haq Waseq capo della temuta Intelligence, mullah Fazel Mazlum, già a capo dell’esercito dei Talebani, vice ministro della Difesa, mullah Norullah Nuri agli Affari tribali e di confine. Uno dei dossier più complicati, quello delle migrazioni, viene affidato a Khalil-ur-Rahman Haqqani, anche lui considerato un terrorista e con una pesante taglia sulla testa.

Da ‘governo fantoccio americano’ a fantoccio pakistano?

Le proteste a Kabul e ad Harat, guidate soprattutto da donne e represse a botte e spari in aria. Per i Talebani si tratta di proteste alimentate dall’esterno, frutto di manipolazioni e interferenze indebite. Una delle micce che ha accesso le proteste, è stato l’arrivo a Kabul del generale che guida il servizio segreto militare.
«A giudicare dalla formazione del nuovo esecutivo, i Talebani non sembrano preoccuparsi molto della legittimità agli occhi della comunità internazionale. A più riprese, hanno sostenuto di voler insediare un governo inclusivo, ma hanno finito per includere soltanto chi è parte del movimento, marginalizzando l’area che aveva rapporti più solidi con Teheran, che già due giorni fa denunciava l’aggressione militare nella valle del Panjshir».

Potere egemonico Pashtun

«Per 20 anni o quasi i Talebani hanno sostenuto di non voler monopolizzare il potere, ma le scelte fatte indicano il contrario. È un governo prevalentemente pashtun, l’etnia maggioritaria del Paese. Ci sono 2 ministri tagici e 1 uzbeco, ma questo non sarà sufficiente a rassicurare le minoranze etniche e politiche del Paese. Ed è un governo di mullah, con scarse competenze di gestione amministrativa».
Governo tutto targato Talebani composto da 33 ministri, di cui almeno 10 hanno fatto parte della delegazione che ha strappato a Washington l’accordo bilaterale firmato a Doha nel febbraio 2020.

«Difficile immaginare che possa riuscire a gestire le istituzioni di un Paese da 35 milioni di abitanti, con problemi enormi», conclude Battiston.

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