
L’ «intronizzazione», questo il termine liturgico per l’insediamento, l’assunzione della carica del metropolita della chiesa ortodossa, montato come caso di Stato. Nessun laicismo violento ma dietro, poco dichiarata, la diatriba su chi possiede cosa, conventi e non solo luoghi sacri, beni accumulati in oltre mille anni dalla cristianizzazione degli Slavi del sud.
Una città assediata per una cerimonia religiosa. L’incubo della Grande Serbia come se a Belgrado ci fosse ancora Milosevic. Le barricate in strada dei nazionalisti montenegrini. Il presidente del Montenegro Milo Djukanovic, intramontabile e molto discusso padrone politico del Montenegro anti serbo che soffia sulle proteste.
Ma il premier del Montenegro Zdravko Krivokapic, oppositore elettoralmente vincente su Milo (da leggere Giucanovic), non lo segue su questa linea e anzi lavora a ricucire con i serbi, e manda i reparti speciali a difendere il barbuto monaco nuovo papa della chiesa cristiano ortodossa di lingua serba.
Le forze dell’ordine sono dovute intervenire a più riprese con gas lacrimogeni per disperdere i dimostranti che lanciavano petardi, sassi, bottiglie e tutto quello che hanno trovato. Gli ingressi stradali a Cetinije, minuscola antica capitale, sono stati bloccati da barricate erette dai manifestanti con ruspe, pneumatici, cassonetti, per impedire l’arrivo in città del metropolita e del patriarca serbo, chiamato a presiedere la liturgia religiosa, scrive Carlo Renda sull’HuffPost.
«Il patriarca Porfirije e il nuovo metropolita Joanikije hanno potuto raggiungere Cetinije solo in elicottero. Scortati da agenti armati, si sono poi diretti a piedi al monastero della città».
Basta ricordare che nelle settimane scorse Veselin Veljovic, ex direttore della polizia montenegrina e attuale consigliere per la sicurezza del presidente Djukanovic, in un editoriale, aveva incitato i cittadini alla protesta. Tensioni tutte politiche. La popolazione del Montenegro è per il 30% circa di etnia serba e la Chiesa ortodossa serba è diffusa e popolare. Il Montenegro non dispone ufficialmente di una propria Chiesa autonoma, e una Chiesa ortodossa montenegrina inventata recentemente nel Paese è ritenuta una setta qualsiasi. Alla spalle di tanto fervore su questioni religiose, molto più terrene questioni di possesso di beni.
La nomina di Joanikije –nulla in particolare contro di lui- è arrivata in un clima arroventato. Una nuova legge del dicembre 2019 sulle libertà religiose in Montenegro, prevedeva la possibilità per lo Stato di trasferire a sé alcune proprietà della Chiesa. Insomma, di prende dalla proprietà della chiesa tutto ciò che voleva. Legge voluta dal partito di Djukanovic e poi modificata a difesa della Chiesa ortodossa serba dal nuovo governo, con ‘Giucanovic’ che prova a bloccarla ma che poi deve approvare.
La ‘Metropolia montenegrina’ della Chiesa serba ortodossa ha definito “inaccettabile e ingiustificata” l’attribuzione di qualsiasi carattere politico alla cerimonia.
Il presidente serbo Aleksandar Vucic respinto le accuse del presidente Djukanovic, dicendo che la Serbia non ha alcuna aspirazione dominante e vuole avere rapporti amichevoli con il Montenegro, ma non consentirà mai che la Serbia e i serbi vengano sottomessi e umiliati, in Montenegro e in ogni altra parte.
Interessante l’osservazione di Vucic secondo cui in Occidente nessuno reagirà con parole di condanna nei confronti del presidente montenegrino Djukanovic, che ha guidato il Paese all’adesione Nato.
«Potete immaginare se fossi stato io a fare quello che ha fatto Djukanovic, in pochi secondi sarei messo in croce a Bruxelles e a Washington».