Il dilemma dei talebani: i progressi del Paese e la tentazione del passato

Negli ultimi 20 anni in Afghanistan è migliorata l’istruzione, la sanità, le telecomunicazioni… I nuovi padroni di Kabul accetteranno l’assistenza estera o premeranno per un ritorno al passato? Questo il quesito posto da Avvenire. I Talebani intanto sfilano a Kabul esibendo le armi dell’esercito Usa e afgano alla popolazione e ai potenziali alleati. La Turchia negozia per l’aeroporto, il Qatar fa da garante. L’Onu ammonisce sulla crisi umanitaria in corso.

Chiavi di lettura diverse, stesso quesito

Muscoli talebani, armi straniere. Giornata di parate militari ed esibizione di forza quella con cui i Talebani hanno cementato la presa del potere in Afghanistan, segnala Giuliano Battiston sul Manifesto. «Messaggio alla popolazione: siamo qui per restare e governare. Con ogni mezzo».
La stessa esibizione di forza, letta del giornalista libanese Camille Eid su Avvenire. «l’ingresso nell’aeroporto di Kabul di 250 soldati del loro corpo d’élite dotati di equipaggiamenti ultrasofisticati, non nasconde una triste verità: i nuovi padroni non sono in grado di gestire le infrastrutture e i servizi del Paese».

La complessa formazione dell’Emirato islamico

Un Governo dell’Emirato islamico ispirato a quello della Repubblica islamica iraniana, versione sunnita. Col mullah Haibatullah Akhundzada ‘leader supremo’. «Poi una sorta di Assemblea consultiva di 12/15 persone, con potere esecutivo e di orientamento, sotto la quale mantenere la macchina istituzionale della defunta Repubblica islamica, pur chiamandola diversamente». L’accordo con gli Stati Uniti firmato a Doha nel febbraio 2020, assicurava che il governo sarebbe stato inclusivo. Ma non tanto da assegnare posti ministeriali alle donne, o ai tagiki della valle del Panshir, l’unica area rimasta fuori dal controllo militare talebano.

Ieri il primi volo nella Kabul talebana

Ieri il primo volo dall’estero dopo il ritiro dell’ultimo soldato Usa. Proveniva dal Qatar e trasportava personale tecnico. Indispensabile per rimettere in funzione l’aeroporto, dal cui ingresso è stata debitamente eliminata la grande immagine che raffigurava il comandante Massud, «leone del Panshir», segnala sempre Giuliano Battiston. L’accordo per la gestione dello scalo non è ancora stato raggiunto. Ma la Turchia continua a tessere il dialogo, e ieri a Doha l’ambasciatore turco ha incontrato la delegazione talebana.

Problema, la tenuta stessa del Paese

Emergenza reale e immediata, la tenuta stressa del Paese, «Che potrebbe collassare presto, senza gli aiuti internazionali», conclude Battiston. Ed ecco la parallele lettura degli stessi fatti di Camille Eid su Avvenire secondo cui i talebani non sono in grado di gestire le infrastrutture e i servizi del Paese. «L’Afghanistan, nonostante le gravi carenze di cui soffre ancora, e che lo collocano tra i Paesi meno sviluppati del pianeta, ha registrato miglioramenti significativi nei due decenni di “occupazione” grazie alla pioggia di investimenti internazionali e alla sincera dedizione di decine di Ong straniere».

L’Afghanistan ‘Americano’ da non buttare

«I dati diffusi dalle organizzazioni che lavorano sul campo mostrano progressi nella copertura sanitaria, nelle infrastrutture e nell’istruzione. Il miglioramento è particolarmente tangibile in termini di mortalità infantile. Nel 2001, 87 bambini morti prima del loro primo compleanno per ogni 1.000 nati, e 124 prima dei cinque anni. L’ultimo rapporto, che risale al 2018, riduce tali cifre rispettivamente a 46 e 60. Anche la dissenteria è diminuita del 43,1% tra il 2009 e il 2019».

Istruzione e servizi

Sul fronte dell’istruzione, donne e ragazze avevano di nuovo accesso all’istruzione. La scolarità dei minori passata dallo 0% nel 2001 al 77,7% solo due anni dopo, secondo i dati raccolti dalla Banca Mondiale. Nel 2002 solo il 6,3% della popolazione aveva copertura elettrica, mentre nel 2016 ha raggiunto l’84,1%. Ultima conquista nelle telecomunicazioni, diventate irrinunciabili per gli stessi capi taleban che usano volentieri tivù e social network per diffondere i propri comunicati. Nel 2019 si contavano 39,4 milioni di linee di telefonia mobile rispetto ai 2,1 milioni del 2006.

Come faranno i taleban a occuparsi di tutto questo?

Molti dei funzionari, tecnici, ingegneri agli esperti di reti e comunicazione sono fuggiti dal Paese. Il portavoce dei taleban ha detto che il nuovo governo cercherà di gestire tutto in autonomia, ma che in caso di necessità si affiderà all’assistenza offerta da altri Paesi. Per l’aeroporto si parla già di Turchia, ma è chiaro che altre proposte di altri Paesi riguarderanno nuovi settori. «L’indispensabile assistenza, se giocata di concerto dalla comunità internazionale, potrà salvaguardare i diritti recuperati negli ultimi due decenni, da quelli della donna all’istruzione e al lavoro, ai diritti delle minoranze».

Ma qui è anche richiesta una buona dose di pragmatismo. Un vero dilemma per i taleban, indottrinati nelle madrassa su un «sistema di valori» inderogabile.

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