Ritirata, tragedia, abbandono. I sinonimi dell’Afghanistan di oggi nella storia

Ritirate e tragedie. Semplificazioni sempre ingiuste e paralleli forzati tra fatti in periodi diversi della storia. Forse non è storicamente giusto paragonare l’attuale ritirata americana e occidentale dall’Afghanistan alla Saigon vietnamita, ma è politicamente corretto e utile cercare le parti simili nelle ragioni alla base di quelle scelte rivelatesi poi sciagurate. Per imparare sperando di non ripetere.
Insistendo nell’illusione che l’uomo possa apprendere della storia e migliorare, con Giovanni Punzo la successione delle ritirate militari/politiche, delle fughe più note o più tragiche nella storia. Sperando attraverso la conoscenza di poter evitare la prossima.

Picasso, La guerra, 1952

La marcia dei Diecimila

La ritirata più celebre dell’antichità – che a sua volta ha definito un modello duraturo nei secoli successivi – è senza dubbio la marcia dei Diecimila, ovvero il ritorno a casa dei mercenari greci dopo la sconfitta nella battaglia di Cunassa (401 a.C.). Nella narrazione di Senofonte, che si trovava accanto ai soldati compaiono già tutti gli elementi che caratterizzeranno altre vicende simili in momenti e luoghi diversi: la fatica, la fame, il lungo cammino, il freddo e la neve, gli attacchi della popolazione delle zone attraversate che vuole allontanare sempre gli stranieri, ma anche la capacità organizzativa di chi conduce l’operazione e – entro certi limiti – la grande fiducia riposta nei capi scelti dai soldati. La ritirata andò comunque quasi bene e i greci si salvarono. Meno fortunati furono i romani i cui superstiti ad esempio dopo le sconfitte di Canne (216 a.C) o Carre (53 a.C.) sfuggirono invece a stento.

Crociate e Medioevo

Nel turbinio di battaglie e assedi delle Crociate anche le ritirate furono frequenti, rese drammatiche in questo caso dalle calure del Medio Oriente o dalle insidie del nemico. Ritirarsi dopo un combattimento perduto in Europa era invece spesso più pericoloso dell’attacco all’arma bianca. Soprattutto i fanti rischiavano di più: le sconfitte diventavano infatti fughe disordinate e precipitose nel corso delle quali i guerrieri a cavallo colpivano senza pietà i fuggiaschi. I principi qualche volta erano catturati dal nemico per chiederne un ricco riscatto, ma nella confusione spesso non erano riconosciuti e finivano uccisi come i semplici fanti. La guerra delle Due Rose si concluse nel 1485 con la morte di Riccardo III («Un cavallo! Il mio regno per un cavallo!») in duello (come racconta Shakespeare) o più probabilmente trafitto da anonime lance nemiche. Qualche anno prima, nel 1477, il ricchissimo Carlo il Temerario, duca di Borgogna, sconfitto a Nancy, fu ritrovato morto sul campo tre giorni dopo la battaglia perduta.

Battaglie in Russia e ritirate

Carlo XII di Svezia combatté con lo zar Pietro il Grande una guerra che durò vent’anni: la grande guerra del Nord si svolse dalle rive del Baltico a quelle del Mar Nero e fu devastante per ambedue i contendenti. Carlo, che disprezzava l’esercito russo, nel 1709 penetrò in profondità fino in Ucraina, ma fu sconfitto a Poltava. Cominciò allora una drammatica ritirata svedese verso sud, cioè verso la Crimea e l’impero turco, alla fine della quale si salvò solo il re, che dovette rimanere però ospite forzato dei turchi per un certo periodo. Anche Napoleone non considerava l’esercito russo e soprattutto sopravvalutava se stesso. Dopo l’incendio di Mosca nel 1812 cominciò la famosa ritirata: alla fame e al gelo si aggiunsero i continui attacchi dei cosacchi alle truppe in ritirata. Anche se sovraumani, gli sforzi per attraversare la Beresina non bastarono a salvare i superstiti francesi e Napoleone subì la sua prima grave sconfitta a Lipsia nel 1813.      

Due guerre mondiali

Più vicine a noi e vive nella memoria collettiva le ritirate delle guerre mondiali. Nel 1915 l’esercito serbo, sconfitto dagli austro-tedeschi, si ritirò attraverso le montagne dei Balcani verso il mare Adriatico: fu tratto in salvo da navi italiane e francesi e trasportato in Grecia. Nel 1917 fu la volta dell’Italia: dopo lo sfondamento di Caporetto l’esercito dovette ritirarsi dall’Isonzo al Piave, ma una formidabile resistenza italiana fermò l’attacco. Nella Seconda guerra le ritirate furono tante almeno quanto le grandi battaglie: si ritirano i polacchi nel 1939 e i francesi nel giugno 1940. Nella campagna in Nord Africa ci fu addirittura una sorta di alternanza di avanzate e ritirate tra forze dell’Asse e Alleati che si concluse all’inizio del 1943 in Tunisia. Prima però, nell’inverno tra il ‘40 e il ’41, la «sventatezza smargiassa» della dittatura (come scrisse C.E. Gadda) aveva provocato una drammatica ritirata in Albania per le sparute forze italiane che avevano aggredito la Grecia. Doloroso ancora oggi ricordare invece quanto successe all’Armata Italiana in Russia (ARMIR) dopo l’offensiva sul Don nel gennaio 1943.

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