Strage dell’Islamic State sfida all’occidente e talebani assieme. Chi comanda veramente Afghanistan?
Strage dell’Islamic State sfida all’occidente e talebani assieme. Chi comanda veramente in Afghanistan?

La strage annunciata dell’aeroporto. Con un attacco «complesso» rivendicato in serata, lo Stato islamico capitalizza l’attenzione del mondo concentrata su Kabul. Verso i 100 morti tra i civili afghani che si accalcavano nella speranza di partire e almeno 12 soldati statunitensi. Bambini, donne, corpi a brandelli. Tra di loro anche miliziani talebani che credevano di essere loro a gestire la violenza armata.
Stato Islamico-Provincia del Khorasan, ovvero la branca afghana di Daesh, che come previsto colpisce alla prima opportunità, perseguendo l’obiettivo di far saltare ogni patto e scomporre ogni quadro.

Insorgenza jihadista che va dall’Africa (Sahel, Somalia, Mozambico) all’Asia, con l’Afghanistan punto di riferimento di formazioni combattenti spesso in conflitto ideologico fra loro

Il jihad insidia nel sangue la «stabilità» talebana

Le stragi compiute ieri a Kabul, aprono un inquietante interrogativo: ma chi comanda oggi in Afghanistan? La domanda è la reazione degli osservatori internazionali, stupiti dall’ultimo balletto diplomatico tra Joe Biden e i talebani. Il Presidente Usa temeva la mattanza in mondovisione che drammaticamente abbiamo visto allo scalo di Kabul, aveva provato a spedire a Kabul il capo della Cia, William Burns, per trattare con il presunto leader dei talebani, Mullah Baradar, e convincerlo ad una uscita statunitense senza sangue e disonore, anche oltre la data concordata del 31 agosto. Ma forse non gli avevano spiegato bene come funziona in mondo talebano e la cultura tribale pashtun.

Quesito di partenza sul chi comanda

Due considerazioni. La prima è che Baradar e lo stesso capo talebano che ha truffato Trump a Doha, in Qatar, assumendo degli impegni che poi non ha mantenuto. La seconda è che non esiste un organigramma istituzionale “pashtun”, capace di sottoscrivere accordi che poi saranno rispettati da tutti. Tutto sembra indicare che la strage di ieri dovrebbe essere opera di una cellula dello Stato islamico. Insomma, avremmo la prova (se mai serviva), che il terrorismo internazionale è già all’opera in Afghanistan. D’altro canto, gli efficientissimi servizi segreti britannici avevano lanciato l’allarme e Jon Sopel (Bbc), la scorsa settimana ha pubblicato un articolo in cui si conferma la presenza di almeno 20 gruppi del jihadismo mondiale accanto ai talebani.

La rete Haqqani, terrorismo taleban

L’islamologo Olivier Roy ha sostenuto in questi giorni come sia nell’interesse dei Taliban prendere le distanze dalle ideologie jihadiste, aspirando al riconoscimento internazionale grazie a relazioni costruttive con regimi autoritari (Cina, Russia, Iran, ma anche i filo-occidentali Pakistan e Turchia) mentre assumono il monopolio del potere perduto nel 2001 per aver concesso spazio ad al Qaida di Osama bin Laden. Ma poi, come sottolinea il professor Francesco Strazzari del Norwegian Institute International Affairs di Oslo sul manifesto, «la sicurezza di Kabul è stata presa in mano nientemeno che dalla rete Haqqani, i terroristi per antonomasia, responsabili in questi anni delle peggiori carneficine proprio nelle città. Di fatto, il futuro dell’ Emirato non è immaginabile senza relaziono con la costellazione jihadista, ‘per quanto essa sia segnata da intese, rivalità e inimicizie».

Finale tragicamente incerto

E il personale internazionale bersaglio, ora chiuso nei bunker dell’aeroporto in attesa del volo liberatore, pesa come un macigno sulla credibilità della politica estera americana di continuare a essere punto di riferimento per tutto l’Occidente. I sondaggi raccolti da RealClearPolitics sulla “wrong track”, la pista sbagliata presa dal Paese e su quella altrettanto sbagliata imboccata dal Congresso. Insomma, in politica estera finora la Presidenza Biden è stata un mezzo disastro. Soprattutto c’è un corto circuito tra i Servizi di intelligence e l’Amministrazione che va sanato al più presto.

Con il mondo costretto a fare conti con sempre più incerti equilibri internazionali, come avevamo già segnalato a proposito del «G7 Grandi impotenze»

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