
Due considerazioni. La prima è che Baradar e lo stesso capo talebano che ha truffato Trump a Doha, in Qatar, assumendo degli impegni che poi non ha mantenuto. La seconda è che non esiste un organigramma istituzionale “pashtun”, capace di sottoscrivere accordi che poi saranno rispettati da tutti. Tutto sembra indicare che la strage di ieri dovrebbe essere opera di una cellula dello Stato islamico. Insomma, avremmo la prova (se mai serviva), che il terrorismo internazionale è già all’opera in Afghanistan. D’altro canto, gli efficientissimi servizi segreti britannici avevano lanciato l’allarme e Jon Sopel (Bbc), la scorsa settimana ha pubblicato un articolo in cui si conferma la presenza di almeno 20 gruppi del jihadismo mondiale accanto ai talebani.
L’islamologo Olivier Roy ha sostenuto in questi giorni come sia nell’interesse dei Taliban prendere le distanze dalle ideologie jihadiste, aspirando al riconoscimento internazionale grazie a relazioni costruttive con regimi autoritari (Cina, Russia, Iran, ma anche i filo-occidentali Pakistan e Turchia) mentre assumono il monopolio del potere perduto nel 2001 per aver concesso spazio ad al Qaida di Osama bin Laden. Ma poi, come sottolinea il professor Francesco Strazzari del Norwegian Institute International Affairs di Oslo sul manifesto, «la sicurezza di Kabul è stata presa in mano nientemeno che dalla rete Haqqani, i terroristi per antonomasia, responsabili in questi anni delle peggiori carneficine proprio nelle città. Di fatto, il futuro dell’ Emirato non è immaginabile senza relaziono con la costellazione jihadista, ‘per quanto essa sia segnata da intese, rivalità e inimicizie».
E il personale internazionale bersaglio, ora chiuso nei bunker dell’aeroporto in attesa del volo liberatore, pesa come un macigno sulla credibilità della politica estera americana di continuare a essere punto di riferimento per tutto l’Occidente. I sondaggi raccolti da RealClearPolitics sulla “wrong track”, la pista sbagliata presa dal Paese e su quella altrettanto sbagliata imboccata dal Congresso. Insomma, in politica estera finora la Presidenza Biden è stata un mezzo disastro. Soprattutto c’è un corto circuito tra i Servizi di intelligence e l’Amministrazione che va sanato al più presto.
Con il mondo costretto a fare conti con sempre più incerti equilibri internazionali, come avevamo già segnalato a proposito del «G7 Grandi impotenze»