Prima fu Dunkerque, ritirata esaltata come impresa eroica a cancellare la sconfitta
Prima fu Dunkerque, ritirata drammatica esaltata come impresa a cancellare la sconfitta

Prima di leggere Punzo sulla Dunkerque di 80 anni fa, sentiamo Biden, presidente Usa, affermare che ciò che si sta tentando all’aeroporto di Kabul, ultima spiaggia occidentale del centrasia prima che si imponga l’ordine talebano: «E’ il ponte aero più difficile della storia, ma ce la faremo insieme agli alleati della Nato».
Sarà sforzo ed esaltazione mirabolante a nascondere i tragici errori politici e militari precedenti, la quantità enorme di vittime e le sofferenze indicibili a cui saranno abbandonate le popolazioni sottoposte al regime che seguì. A Dunkerque e nella Francia occupata, dopo cinque anni ci fu la liberazione.
Per Kabul, difficile oggi anche solo immaginare un futuro che non sia buoi. Ma i paralleli possibili adesso toccano a voi.

Allora fu il crollo della Francia

Nonostante la ricognizione aerea francese avesse segnalato lunghe colonne di automezzi e carri armati tedeschi, l’attacco a sorpresa all’alba del 10 maggio 1940 riuscì perfettamente. A nord un’armata tedesca penetrò in profondità in Olanda, mentre un’altra armata più poderosa, il 12 maggio, raggiunse Sedan, risvegliando nei francesi il ricordo dell’amara disfatta del 1870.

Anche allora una ritirata fatta male

Il 14 maggio però, per la manovra di ritirata sbagliata da parte di una grande unità francese, sette divisioni corazzate tedesche (una delle quali era comandata da Erwin Rommel) si infilarono nel varco puntando con decisione a nord-ovest verso il Canale della Manica. Il 19 maggio, i tedeschi – che fino a quel momento avevano temuto una trappola o un duro contrattacco anglo-francese – si diressero anche su Parigi e il 20 le loro avanguardie corazzate raggiunsero la sponda francese del Canale nei pressi di Abbeville.

A Dunkerque la speranza fu il porto

Il grosso delle forze alleate rimase tagliato fuori e nei pressi della città di Dunkerque si raggrupparono più di quattrocentomila soldati inglesi, francesi e belgi. Il 22 e il 23 maggio, dopo l’occupazione dei porti di Calais e Boulogne, la situazione apparve subito drammatica: l’unica possibilità di trarre in salvo i soldati alleati consisteva in un’evacuazione via mare da Dunkerque, città sulla quale si era ormai stretta la morsa tedesca.

Operazione Dynamo, a salvare il salvabile

Dunkerque finì sotto assedio da terra, fu bombardata dall’artiglieria tedesca e dagli aerei che impedivano a qualunque nave di avvicinarsi alla costa o mitragliavano in soprappiù eventuali altre imbarcazioni in rotta lungo il Canale. Dopo aver inutilmente esortato i francesi a contrattaccare, Churchill, diede il via all’operazione Dynamo il 20 maggio, dando disposizioni anche alle ferrovie per il trasporto immediato degli evacuati verso l’interno dell’Inghilterra evitando ammassamenti nei luoghi di sbarco.

Il ‘ponte navale’

Il 26 maggio l’operazione era in pieno svolgimento: in una prima fase catastrofica si verificarono gravi perdite e l’affondamento di due cacciatorpediniere, ma tra il 28 e il 29 – nonostante incessanti attacchi aerei tedeschi – la massa delle imbarcazioni, percorrendo rotte al largo meno esposte al fuoco tedesco, riuscì a trarre in salvo migliaia e migliaia di soldati. Sui civili abbandonati alla occupazione nazista la storia non si sofferma e lascia ad altri riferimenti

‘Con le evacuazioni non si vincono le guerre’

Dynamo fu una grande ritirata che pose fine ad una battaglia perduta, ma – per uno dei tanti paradossi della Storia – si trasformò in un successo politico straordinario, anche se Churchill disse in seguito che con le evacuazioni non si vincevano le guerre. Nacque lo ‘spirito di Dunkerque’, che si materializzò nel celebre discorso dello statista tenuto ai Comuni proprio il 4 giugno quando disse tra l’altro: «Noi combatteremo sulle spiagge … noi combatteremo finché una parte d’Europa si troverà nella presa della Gestapo o del dominio nazista».

Ma allora c’erano Churchill e de Gaulle

Un paio di settimane dopo, in aperto dissenso con il governo francese guidato da Petain e che si apprestava a sottoscrivere un armistizio con la Germania nazista, anche il generale de Gaulle riparò in Inghilterra e il 18 giugno tenne un discorso alla radio rivolto ai francesi che si concluse con queste parole: «Qualunque cosa accada, la fiamma della resistenza francese non si dovrà spegnere e non si spegnerà». Si chiudeva insomma una pagina dolorosa, ma se ne apriva un’altra più lunga segnata da altre indicibili sofferenze, ma a lieto fine.

Cinque anni dopo a Dunkerque, in Francia, in Europa, pur dopo indicibili sofferenze fu liberazione. Difficile anche solo immaginare cosa sarà l’Afghanistan tra cinque anni.

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