Ucraina scontro di poteri: neonazisti in piazza e strane morti attorno
Ucraina scontro di poteri: neonazisti in piazza e strane morti attorno

Paramilitari neonazi e intreccio politica-industria, altra morte sospetta nella città del presidente Zelensky. Sale il livello dello scontro. Una catena di morti molto sospette a contrassegnare le sempre più violente manifestazioni organizzate contro il presidente che vuole il controllo degli apparati di sicurezza e ripulire le forze armate dalla parte più impresentabile dei mercenari neonazisti arruolati delle precedenti amministrazioni per ottenere gli aiuti Usa e Nato promessi.

‘Suicidi’ sospetti e contrapposti

Scontro politico istituzionale in corso: il presidente Zelensky che vuole il controllo dei sospettabilissimi ‘Servizi di Sicurezza’, licenzia l’intoccabile ministro degli interni, capomanipolo delle milizie neonaziste del Battaglione Azov, e ora rischia di suo. Una piazza organizzata quasi all’assalto del palazzo presidenziale, e tante strane morti attorno. Suicidi che non convincono affatto, a bersagli apparentemente contrapposti. Ma a guardare con più attenzione si scopre che gli interessi in campo sono anche altri, tutti egualmente sporchi, fortemente sospettabili di azioni anche violente.

Il sindaco filorusso e il destro bielorusso

Konstantin Pavlov, 48 anni, era sindaco di Kryvyi Rih, la città natale del presidente, seicentomila abitanti a un paio di ore d’auto da Kiev. Un ingombrante fucile automatico per suicidarsi? Pavlov era stato eletto con la Piattaforma di Opposizione, l’aera elettorale dell’ex presidente Viktor Yanukovich, fuggito in Russia durante la rivolta del 2014, vincendo sul candidato del presidente Zelensky.
Pochi giorni prima l’uccisione mascherata –questa la versione quasi ufficiale- da suicidio –versione quasi ufficiale- di Vitaly Shishov, migrante bielorusso anti Lukashenko in Patria, e strettamente legato agli ambienti dell’ultra destra in Ucraina. Bersagli apparentemente contrapposti, meritevoli di più attenta lettura rispetto al livello ormai raggiunto dallo scontro in atto.

Intreccio di interessi fra politica e industria

Nella città natale per presidente e del sindaco filo russo presunto suicida, si trova uno dei complessi metallurgici più grandi in Europa: 35.000 dipendenti e sette milioni di tonnellate di acciaio prodotte ogni anno sotto il controllo della multinazionale ArcelorMittal. Il settore è da tempo al centro di proteste degli operai per ottenere tutele di salute, migliori salari e di lavoro: l’iniziativa sindacale, sicuramente la più decisa in Ucraina negli ultimi anni, ha coinvolto ferrovie e miniere. Bandiera tra molte, lo sciopero di quarantatré giorni che diciotto operai nelle cave Oktyabrska, proprietà di due importanti oligarchi come Rinat Akhmetov e Ihor Kolomoysky, considerato il padrino politico di Zelensky.

L’acciaieria eredità sovietica

A Kryvyi Ri, precisa Luigi De Biase sul manifesto, non si tratta di governare una cittadina di provincia, ma di gestire un canale finanziario decisivo per le malandate casse ucraine, tenendo nel giusto conto gli interessi ancora più consistenti dei veri padroni del paese. L’impianto è uno dei maggiori inquinatori nella regione e assieme un importante datore di lavoro nella regione.

Il contesto politico dello scontro

Arseny Avakov, sino e ieri ministro dell’Interno, era noto per la condivisa fede con i clan paramilitari appartenenti al battaglione Azov, prima linea nel golpe/rivoluzione di Maidan 1914, ora impegnati nella guerra anti russa nell’est del paese, quando non devono compiere porcherie violente a Kiev e dintorni. Ma adesso arresti, espulsioni e perquisizioni contro figure considerate sinora al di sopra della legge, in particolare a Kharkiv, l’ultima grande città prima del confine con il Donbass, dalla quale provengono sia l’ex ministro Avakov sia il leader del Battaglione Azov, Andrei Biletsky, alla guida anche del partito Corpo Nazionale.

Salvo un’altra Maidan organizzata dai rimasugli estremi della prima ondata.

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AVEVAMO DETTO

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