
La copertura politica era garantita da Arseny Avakov, sino e ieri ministro dell’Interno, noto per la condivisa fede neonazista con i clan paramilitari appartenenti al battaglione Azov, impegnati nella guerra anti russa nell’est del paese, quando non devono compiere porcherie violente a Kiev e dintorni. Confronto politico anche violento per il controllo degli apparati di sicurezza. La resa dei conti è cominciata con l’uscita del potente e criticatissimo ministro degli interni Arseny Avakov, ed è condotta dal presidente, Volodymyr Zelensky.
Gli intoccabili, fine dell’impunità. «Arresti, espulsioni e perquisizioni condotti negli ultimi giorni contro figure considerate sinora al di sopra della legge, in particolare a Kharkiv, l’ultima grande città prima del confine con il Donbass, dalla quale provengono sia Avakov sia il leader del Battaglione Azov, Andrei Biletsky, alla guida anche del partito Corpo Nazionale», precisa Luigi De Biase. Fra Avakov e Biletsky esiste/esisteva un solido accordo di potere, che Zelensky cerca evidentemente di interrompere.
Il pretesto per l’operazione di pulizia interna ancora in corso e dagli esiti non del tutto scontati, è la morte di Vitaly Shishov, 26 anni, uscito di casa a Kiev il 2 agosto per una corsa nei boschi e trovato senza vita la mattina dopo a un paio di chilometri distanza. Suicidio molto sospetto. Come molto sospettabile era lo stesso Shishov, fuggito a Kiev lo scorso anno. Non un semplice oppositore al despota Lukashenko, ma ai vertici della BDU, la ‘Belarusian House in Ukraine’, un’organizzazione legata alle milizie neofasciste ucraine, testimoniata dal numero due di Shishov, il lettone, Radion Batulin, miliziano del ‘Battaglione Azov’.
Metodo del finto suicidio, in genere associato ai servizi segreti di diversi paesi post sovietici, ma spesso legati a scontri di potere interni a gruppi politico-criminali. Citato da De Biase, la morte in un carcere in Siberia, dell’ideologo del gruppo «Format-18», al quale si sono ispirati decine di movimenti neofascisti in Russia, Bielorussia e Ucraina. Il presidente ucraino Zelensky non si fida ordina che delle indagini si occupi il Servizio di sicurezza nazionale (Sbu), ai cui vertici siede dal 2019 Ivan Bakanov, fedelissimo di Zelensky. Estromesso il ministro della polizia, altra mossa a sorpresa, l’espulsione dall’Ucraina del lituano Baìtulin, numero 2 del presunto suicida.
Forti sospetti attorno agli uomini attorno al Bdu. «Come Sergei Korotkikh, un cittadino russo emigrato in Ucraina all’inizio della guerra civile e premiato con un passaporto dall’ex presidente Petro Poroshenko per i servizi resi al Battaglione Azov contro i ribelli del Donbass. Per una ragione o per altra il suo nome si trova praticamente in ogni inchiesta sugli omicidi politici avvenuti in Ucraina dall’inizio della guerra civile, compreso quello del giornalista Pavlo Sheremet, ucciso con una autobomba a Kiev nel 2016». Ora Korotkikh non risonde giorni, annota la stampa locale, segnale che forse qualcosa è cambiato.
All’esclusione di Batulin dall’Ucraina, sono seguiti giorni di retate contro esponenti dell’Azov coinvolti in attività illegali, «una purga alla quale è sfuggito per adesso e per puro caso Artem Moshensky, il luogotenente dell’Azov ferito alla testa da un colpo di arma da fuoco e trasportato il mese scorso in Israele per ricevere cure mediche». E qui la successione dei fatto noti, sfiora l’incredibile. «Una volta a Tel Aviv i medici hanno notato la grossa svastica che porta tatuata sul ginocchio sinistro. L’ambasciata israeliana a Kiev ha negato di avere avuto un ruolo nel suo trasferimento».
Il presidente Zelensky deciso a liquidare l’ultradestra neonazista della vergogna ucraina, o per semplice volontà di estendere il suo controllo a una sezione più ampia dei servizi di sicurezza?
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