La finestra rotta e gli ignoranti conformisti
La finestra rotta e gli ignoranti conformisti

Ve la ricordate la teoria della finestra rotta? Cioè che quando in un edificio una finestra è rotta la tendenza è che anche le altre successivamente siano vandalizzate e rotte. Ne avrete sentito parlare perché questa storia anima il dibattito sul decoro, su quanto sia efficace per impedire comportamenti incivili nelle città o quanto sia utile solo come il belletto a coprire contraddizioni umane e sociali feroci.

Non voglio parlare di decoro però, ma di qualcosa che va oltre.

Nel mio paese, San Quirico, per una virtù di lunga durata, dovuta sostanzialmente alla civiltà contadina che, attraverso una cultura del rispetto, della cura e del vivere semplice, ha reso la Val d’Orcia quello che è, non ci sono metaforicamente finestre rotte. Le strade sono pulite, gli abitanti sono civili, i vasi di fiori sono sugli scalini e alle finestre, ognuno partecipa per rendere il proprio luogo vivibile. Chi più chi meno, ovviamente.

A chi verrebbe in mente di avere in un salotto del genere atteggiamenti incivili e scorretti? A chi verrebbe in mente di non raccogliere le deiezioni dei cani quando il paese è disseminato di punti gratuiti dove prendere le apposite bustine per la raccolta? A chi di gettare le cicche in terra quando tutto è pulito e ci sono cestini appositi ovunque? A chi, dotato di una parvenza di educazione, verrebbe nella zucca di attraversare in macchina o in moto il centro storico chiuso al traffico dove giocano bambini in strada e passeggiano persone?

Bene, a qualcuno viene in mente. Smentendo così la teoria della finestra rotta. Ed è brutto vedere l’arroganza dell’ignoranza incivile in azione sulle nostre strade, dove persone giungono da tutto il mondo e – in certi casi, ahimè – non si rendono conto di camminare in un gioiello, in un luogo magico realizzato da una cultura rurale straordinaria e basata sul rispetto e sul bene comune.

Posso immaginare che qualcuno pensi che le strade sono pulite per arretratezza. E che la gentilezza sia un atteggiamento antiquato e fuori moda, mentre la modernità prevede altri comportamenti più palestrati. Mi vergogno per loro. Per questo pensare che un paesino sia una città mancata e che un prodotto artigianale e vero nasconda incapacità industriale.

Mi vergogno per questa minoranza che non alza le chiappe dal sedile della macchina e pretende di visitare un posto così bello senza scendere, ma impugnando il telefonino come un telecomando che apre tutte le porte, chiudendo solo quella del buon senso. Vuoi mettere una bella diretta Instagram passando in mezzo ai bifolchi e ai loro figli che giocano a palla? E facendo scansare quei visitatori che – sicuramente sfigati – girano a piedi, magari percorrono la Francigena, si fermano a guardare le cose belle con il giusto tempo, con uno spazio mentale libero a disposizione.

Mi vergogno per il fumatore che getta le cicche, per il proprietario di cane che non raccoglie le cacche, per quelli che alle tre di notte pensano di essere sul set di un film ululante, per quelli che con maleducazione pretendono che un posto magnifico e semplice si pieghi alle usanze devastanti delle loro abitudini egoiste e senza rispetto. Mi vergogno per l’arroganza e la stupidità di chi blatera modernità e diritti a fare i propri comodi e non sa vedere oltre il format.

Che fare? Il barbiere dolcemente anarchico se lo chiede sempre. Più repressione? Più multe? Non spetta a noi, dice. Mentre spetta a noi agire. Perché l’epoca è questa, è l’epoca della povertà. Materiale per molti, sempre di più. Morale per tantissimi, per chi ha risorse materiali ed è assuefatto al dogma dell’egoismo espresso in tutte le sue declinazioni. Basta ricordare chi siamo e da dove veniamo e non barattare libertà e senso civico comunitario con quattro specchietti conformisti e fighetti.

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