
Quando sono cominciati gli incendi, Erdoğan aveva minimizzato l’emergenza, dicendo che era tutto sotto controllo e minacciato le televisioni di «pesantissime sanzioni» se avessero dato troppa visibilità a quanto stava accadendo, diffondendo «ansia e paura e demoralizzando il popolo». Il governo turco aveva poi sfruttato la situazione per accusare i curdi, contro cui Erdoğan ha iniziato da tempo una battaglia feroce, imputando a loro l’origine degli incendi. Terroristi e pure incendiari. Forse è per questo che le galere turche sono piene di esponenti politici della importante minoranza curda?
Col peggioramento della situazione, le autorità avevano poi dovuto rivedere le proprie posizioni. Erdoğan aveva dichiarato cinque province della costa mediterranea turca «zone colpite da disastro» e, contraddicendo le proprie dichiarazioni iniziali, aveva detto in un’intervista che gli incendi erano enormi e senza precedenti.
Quando i sindaci di alcune città turche hanno chiesto aiuto per spegnere il fuoco, il governo ha dovuto ammettere di non avere abbastanza aerei per farlo, accettando gli aiuti esterni dell’Unione Europea, della Russia e dell’Azerbaijan. Anche se Erdoğan, all’inizio, aveva rifiutato altri aiuti necessari offerti da paesi che lui considera nemici. Un’altra critica ha riguardato l’inadeguatezza di Erdoğan nel sostenere la popolazione durante l’emergenza. Per esempio si è parlato molto dell’episodio del tè: durante una visita ufficiale a Marmaris, una città nel sud della Turchia molto colpita dagli incendi, Erdoğan ha lanciato pacchi di tè alla folla dal finestrino del pullman su cui si trovava.
Il gesto è stato pubblicamente deriso dal rapper turco Sehinsah e ripreso sui social, diventando di tendenza su Twitter con l’hashtag #akpartea (da AKP, il partito di Erdoğan), che raccoglie parodie e prese in giro di questo gesto.
Le prese in giro a Erdoğan non sono cosa da poco. Nella Turchia del dopo golpe e delle permanenti leggi emergenziali, le caricature e parodie del presidente possono essere punite con la prigione.
Decisioni inadeguate sono state prese anche da altri politici del partito di Erdoğan. Mehmet Ozeren, sindaco in una delle zone più colpite dagli incendi, è stato criticato per una battuta relativa alla promessa che aveva fatto il governo di concedere prestiti a basso interesse a chi aveva perso la propria casa negli incendi. Per evidenziare la vantaggiosità dei prestiti, Ozeren ha aggiunto: «sbaglierò a dirlo, ma penso che le persone che abitano in case molto vecchie diranno “se solo fossero bruciate anche le nostre case!”».
Al di là dei singoli episodi, sottolinea il Post, Erdoğan è stato criticato per la sua scarsa sensibilità nei confronti della crisi climatica, che secondo diversi scienziati ha avuto un ruolo molto importante nel trasformare gli incendi in Turchia in una grave emergenza.
La Turchia è l’unico paese del G20 a non aver ancora firmato l’accordo di Parigi sul clima. L’accordo è il più importante trattato internazionale degli ultimi anni per contrastare il riscaldamento globale, e impegna i paesi a ridurre sensibilmente le emissioni di anidride carbonica. Per una serie di fattori, la Turchia è considerata un paese particolarmente vulnerabile rispetto alle conseguenze del cambiamento climatico, in cui effetti sono diventati molto evidenti negli ultimi anni.
Dai pochi dati resi noti dal governo e attraverso altri osservatori internazionali, sul fronte Covid sappiamo (ma i dati sono di febbraio, pre Variante Delta) di oltre 2,4 milioni di casi, con la Turchia nono paese al mondo e primo del Mediterraneo allargato per numero di contagi da Covid-19.