Il sempre nuovo del sempre uguale
Il sempre nuovo del sempre uguale

Avendo chiuso per ferie lunghe, il barbiere anarchico e alchimista ha scritto una lettera agli amici e compagni che popolano il suo studio filosofico di rasature e taglio, quelli che con la scusa della barba lunga o dei capelli arruffati accedono per pochi euro alle sue lezioni di vita.

“Cari miei, chiudiamola qui. Non c’è Occam che tenga, i tempi sono oscuri e le voci ululanti sovrastano i silenzi necessari. Quindi, prendo carta e penna e scrivo. Senza social, senza like o altre furfanterie che implicano soltanto quella partecipazione e condivisione olimpica di livori e puttanate. Meno sai più dici. E se poi il meno è – almeno quello – profondo, ogni non-sapere diventa laurea magistrale in tutto lo scibile umano, ad alto volume e con quell’arroganza ignorantissima che in questa fase storica non delinea solamente i protagonisti dell’arraffa-arraffa, ma anche i depredati che giulivi li festeggiano”.

Questo l’incipit. Disarmante, in tempi di grande caos, dove ogni posizione è assoluta e se uno pone dubbi rischia di finire nel limbo dei complottisti, e se non lo fa per quieto vivere, viene assegnato d’ufficio ai piumati con mimetica e mostrine. Confesso che sorrido all’immagine dei depredati che giulivi festeggiano gli arraffoni di diritti e bene comune.

Prosegue il barbiere:

“Se fossi davvero complottista, senza scendere in particolari, tenderei a cogliere una mano dietro questa ricerca mediatica e politica del bianco e nero, degli interessi contrapposti e indiscutibili. O sei no o sei sì. Non più quel sano scetticismo dei pochi che tiene viva la ragione e il senso critico, fatto di dubbi e sfumature, per affinare il pensiero. Format da prendere così come sono, preconfezionati e definiti”.

“Invece no. Mi piace pensare fuori dagli schemi, altrimenti non farei il barbiere, ma un mestiere dove si guadagna bene senza troppi discorsi. Così, penso che sotto questo spazio di dibattito così strampalato e rigido agisca semplicemente la struttura sotterranea della modernità. La garanzia del suo continuo rinnovarsi – in ogni epoca domina il moderno rispetto a ciò che c’era – sta nella fissità dei rapporti sociali del capitalismo. Non ci sono altre spiegazioni, né complotti strani. L’esperienza del sempre nuovo che viviamo, i dibattiti furiosi su leggi e atteggiamenti, su scelte e rivoluzioni apparenti, ci fa dimenticare che la precondizione fondamentale – parafrasando David Frisby – è la riproduzione del sempre uguale dei rapporti sociali necessari affinché appaia il sempre nuovo”.

La lettera del barbiere alchimista anarchico si conclude con un invito all’acquisto di bei libri e non di ciofeche del marketing (testuale) e con i compiti per le vacanze:

“Avventuratevi nella lettura di Alfabeto delle proprietà. Filosofia in metafore e storie, autore Andrea Tagliapietra. Poi ne parleremo. Alla prossima, citti!

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