G8 di Genova 20 anni fa, ferita ancora aperta

Cosa successe al G8 di Genova 20 anni fa

G8 di Genova tra il 19 e il 22 luglio 2001, gli incontri dei leader delle principali potenze economiche mondiali, le manifestazioni dei movimenti no global e soprattutto alcuni degli episodi più violenti e importanti della storia italiana recente, quelli di piazza Alimonda, della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto.
La storia di quei tre violentissimi giorni del 2001, la morte del manifestante Carlo Giuliani, i violentissimi pestaggi nella scuola dove dormivano gli attivisti del Social Forum, e le torture nella caserma di Bolzaneto in cui vennero portati molti arrestati – sono centrali per la storia recente del paese e sono ricordati e discussi e ancora oggi provocano sentimenti forti e tensioni politiche, ad anni di distanza.

Dagli scontri alle torture, cosa rimane di Genova

«Un altro mondo è possibile», urlavano nel luglio del 2001 i contestatori accorsi a Genova da mezza Europa per manifestare contro il vertice dei capi di governo del G8. Un arcipelago di forze diverse si era dato appuntamento sotto le insegne del Genoa Social Forum, coordinamento di oltre mille associazioni per rilanciare le ragioni di una globalizzazione più equa, sostenibile, a misura d’uomo.
Poi la realtà fatta di provocazioni e di guerriglia fu tutt’altra. Ancora oggi, sui limiti del movimento e sulla reazione sproporzionata delle istituzioni, il dibattito resta aperto e ancora lacerante.

Il mondo da cambiare rivelatosi il peggiore possibile

«Ma quel mondo che volevano cambiare in quei giorni, dal 19 al 21 luglio, si rivelò peggiore delle loro stesse aspirazioni e aspettative», sottolinea Mauro Magatti su Avvenire, in un tentativo di difficile equilibrio rispetto ai tragici momento che seguirono. «Parole d’ordine inutilmente bellicose e frange estreme, minoritarie ma violente». E soprattutto per la reazione sproporzionata delle istituzioni che reagirono con cariche indiscriminate, spedizioni punitive, vessazioni e torture dei fermati prima e dopo l’episodio più drammatico: l’uccisione del 23enne Carlo Giuliani da parte di un giovane carabiniere di leva, Mario Placanica, rimasto bloccato in una jeep durante gli scontri.

Polizia e Macelleria messicana

Le immagini di quei giorni, con decine di barelle che entravano negli ospedali e i volti tumefatti che un esponente stesso della polizia denunciò come «macelleria messicana». «E le forze dell’ordine sembrarono aver dilapidato in pochi giorni il patrimonio di credibilità acquisito nella lotta al terrorismo e alla mafia». Nessuno tra le parti contrapposte ricordava che proprio da Genova prese avvio e forza il movimento politico sindacale per la smilitarizzazione della polizia, via le stellette, e la nascita del primo sindacato democratico di polizia, il Siulp.

20 anni dopo ancora ferite aperte

Sul G8 di Genova, di cosa mai decisero i ‘grandi’ non resta traccia, ma restano forti i ricordi e i rancori degli scontri e quelle reazioni, ferita viva soprattutto per coloro che ne sono stati testimoni. «La carica di violenza di quelle giornate fu uno spartiacque e un un brusco risveglio per un Paese inquieto e diviso, ma che pareva pacificato. E fu anche un’occasione mancata per una riflessione collettiva sui temi posti dai no global, che si rivelarono magari velleitari nelle proposte ma profetici nell’anticipare le contraddizioni di quel tipo di sviluppo economico», sottolinea Magatti.

Diversamente global

  • Nel mirino delle proteste c’erano obiettivi più che seri e ragionevoli.
  • «L’impianto liberista e la deriva iperfinanziaria della globalizzazione, a ‘economia del casinò’ come fu definita, che poi crollò nel 2008 con la crisi dei subprime».
  • «La Tobix tax e le critiche allo strapotere delle multinazionali che solo adesso hanno trovato una implicita convalida con l’accordo sulla tassazione minima al 15% dei gruppi globali».
  • «La polemica contro istituzioni come il Fmi, accusate di imporre sacrifici ai Paesi già in difficoltà, e poi venne la crisi greca».
  • «In anticipo sui tempi anche le istanze sulla difesa dell’ambiente, la richiesta di bypassare i brevetti sui medicinali da parte dei Paesi poveri, riattualizzata ora dalla pandemia Covid».
  • «E la centralità anticipatrice del tema dell’immigrazione».

«Solo vado con la mia pena, sola va la mia condanna, correre è il mio destino », cantava Manu Chao nella sua hit “Clandestino”, concludendo la marcia per i diritti dei migranti. Era il 19 luglio.

L’Italia e l’allora al governo

Si attende l’arrivo a Palazzo Ducale dei capi di governo del G8. George W. Bush da pochi mesi è alla Casa Bianca. Il padrone di casa è Silvio Berlusconi. Vicepremier è Gianfranco Fini, presente negli uffici della questura nel giorno degli scontri più duri. Ministro degli Interni Claudio Scajola. La mattina del 20 luglio Genova è invasa dai manifestanti, qua e là spuntano e svaniscono i gruppuscoli dei black bloc, dietro di loro lasciano auto incendiate e bancomat distrutti. Le forze dell’ordine non intervengono.

Il contesto internazionale

A livello internazionale il Repubblicano George W. Bush era diventato presidente degli Stati Uniti battendo il Democratico Al Gore, dopo un’elezione contestatissima decisa a settimane di distanza per uno scarto inferiore ai 2.000 voti. In Russia Vladimir Putin era stato eletto presidente da poco più di un anno, per il primo dei suoi quattro mandati. In Europa governavano partiti e uomini di centrodestra: in Spagna (José Maria Aznar) e in Francia (Jacques Chirac). Nel Regno Unito il primo ministro Tony Blair aveva spostato a destra il Labour con le sue politiche liberiste in economia. In Germania, Angela Merkel ancora da arrivare, era al governo il socialdemocratico Gerhard Schröder.

La morte di Carlo Giuliani

Episodio noto e ricostruiti mille volte e in svariati processi. Carabinieri che si trovano isolati dove non dovevano essere, cariche della paura e reazioni simili e contrarie. Una famosa foto catturò gli istanti, mostrando Carlo Giuliani con l’estintore sopra la testa e la mano del carabiniere Placanica che impugnava la pistola. Carlo colpito, fu probabilmente ucciso dal Defender che per fuggire gli passò addosso.

Alle 18 l’ANSA diffuse la notizia: «Secondo una soccorritrice volontaria del Genoa Social Forum, un giovane dimostrante sarebbe morto in via Caffa, nei pressi di piazza Tommaseo». Alle 21 venne comunicato il nome del ragazzo ucciso: si chiamava Carlo Giuliani, era di Roma, aveva 23 anni.

Scuola Diaz, 22 luglio

Tre minuti prima di mezzanotte un blindato sfondò il cancello del comprensorio Diaz, nel quartiere Albaro, costituito da due scuole, la Pascoli e la Pertini. Dentro dormivano ragazze e ragazzi, soprattutto stranieri. La violenza della polizia: il funzionario Michelangelo Fournier al processo usò l’espressione ‘macelleria messicana. (l’aveva usata Ferruccio Parri davanti ai cadaveri di Benito Mussolini e degli altri gerarchi che furono appesi in piazzale Loreto nel 1945).

Il giornalista inglese Mark Covell ne uscì con otto costole rotte, un polmone bucato, un trauma cranico e cinque denti saltati. Il suo pestaggio venne definito dal pubblico ministero al processo “un martirio”.

Bolzaneto, la caserma dei ‘scelbotti’

La caserma del reparto celere di Bolzaneto in Valpolcevera, poco oltre il ponte Morandi crollato. Vi furono portati i fermati delle manifestazioni del 20 e 21 luglio e quelli pestati nell’irruzione alla Diaz. Almeno 500 che vennero sottoposti a tormenti e vessazioni fisiche e psicologiche. Alla polizia si aggiunsero gli uomini del Gom, il Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria, secondo le testimonianze quelli che più si accanirono contro i fermati.

I giovani furono fatti stare in piedi per ore con il volto rivolto contro il muro e le mani alzate, mentre gli agenti facevano suonare a ripetizione la canzone fascista “Faccetta nera” e intonavano il ritornello “un due tre, evviva Pinochet, quattro cinque sei, bruciamo gli ebrei”.

La giustizia e poi i processi

Per la morte di Carlo Giuliani il carabiniere Mario Placanica fu indagato per omicidio. Il Gip lo prosciolse per legittima difesa e uso legittimo delle armi.
Per i fatti della Diaz, il capo dell’anticrimine Francesco Gratteri fu condannato a 4 anni, il comandante del primo reparto mobile di Roma Vincenzo Canterini a 5, Spartaco Mortola, dirigente della Digos di Genova, a 3 anni e 8 mesi. Il ministero dell’Interno fu condannato a pagare cifre tra 5.000 e 50.000 euro per ognuna delle parti civili che si erano presentate al processo.
Per i fatti della caserma di Bolzaneto furono imputate 44 persone con sole 15 condanne per omertà di corpo. «..trattamenti inumani e degradanti e che, quantunque commessi da un numero limitato di autori, che hanno tradito il giuramento di fedeltà alle leggi della Repubblica Italiana…»

Nessuno tra i dirigenti di polizia coinvolti nei fatti di Genova subì arretramenti di carriera. Chi lasciò la polizia ebbe importanti ruoli in società pubbliche e private.

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