
Molti grandi fiumi europei attraversano capitali ed era relativamente normale fino al XIX secolo che un’alluvione devastasse la città costruita sul fiume. A Budapest, ad esempio, nel 1775 l’acqua del Danubio distrusse o danneggiò più di cinquecento palazzi e trent’anni dopo si ripeté un’altra alluvione. Solo nel 1850 iniziò la costruzione di argini, dopo l’ennesima piena verificatasi nel 1838 al momento del disgelo, quando la quantità eccezionale di neve caduta quell’anno si sciolse nel fiume. Vicende analoghe si verificarono anche in altre capitali: a Roma nel dicembre 1870 l’acqua raggiunse un livello di oltre sedici metri, cosa che si era verificata solo nel 1637, quasi due secoli e mezzo prima. La soluzione fu quella di edificare grandi argini, a favore dei quali si pronunciò in ardente discorso perfino Giuseppe Garibaldi. Nonostante gli argini però Parigi nel 1910 subì un’altra alluvione della Senna dopo quelle del secolo precedente.
Nella notte tra il 31 gennaio e il 1° febbraio 1953 sulle coste di alcuni paesi che si affacciano sul mare del nord si abbatté una delle peggiori tempeste del XX secolo: furono coinvolte la costa occidentale inglese da nord a sud, la costa olandese e danese e parte di quella tedesca. Le circostanze all’origine del disastro furono eccezionali perché, ad un normale innalzamento della marea, si aggiunse un ciclone extra-tropicale che elevò di circa cinque metri il livello medio del mare. Sulla costa inglese si ebbero danni gravi e vittime nelle contee costiere, ma gli effetti furono catastrofici sulla costa olandese per il fatto che un quinto circa del paese si trova sotto il livello del mare. Nel corso della tempesta affondarono anche un traghetto e numerosi pescherecci e il bilancio delle vittime fu spaventoso: circa duemila nella sola Olanda e almeno trecentocinquanta sulla costa inglese dalla Scozia al Sussex.
Una delle cause dell’elevato numero di vittime, soprattutto in Zelanda, parte meridionale dell’Olanda, fu la mancanza di un tempestivo segnale d’allarme e il mancato coordinamento dei dati da parte delle diverse stazioni meteorologiche. L’ondata di piena colse nel sonno tutta la popolazione che non fu messa in allerta, mentre i diversi dati elaborati localmente non fornirono un quadro generale della portata dell’enorme fenomeno. A questo si aggiunse che le difese costiere, soprattutto in Olanda, non erano state sottoposte a manutenzione da più di un ventennio e, durante la Seconda Guerra mondiale, parte di esse erano state bombardate. A parte la comprensibile mancanza di risorse per la ricostruzione nel dopo guerra, il fatto che gli ultimi grandi eventi atmosferici si fossero verificati nel 1825 e nel 1916, cioè a distanza di un secolo, aveva allontanato l’attenzione da un eventuale pericolo.
Nel 1953 l’Europa si stava ancora riprendendo lentamente dalle distruzioni della Seconda Guerra mondiale. Il trattato di Roma era un sogno nella mente di pochi, ma si ravvisò subito la necessità di coordinare gli sforzi per prevenire le catastrofi naturali che non riconoscevano alcun confine nazionale. Mentre era ancora prematuro immaginare una ricostruzione comune, si attuò subito uno scambio di informazioni meteorologiche per prevenire le conseguenze di eventi catastrofici dando l’allarme in tempi reali, mantenendo i contatti per monitorare la situazione e per coordinare i soccorsi. Protagonisti dell’emergenza divennero allora migliaia di radioamatori in Gran Bretagna e in Olanda (Radio Amateurs Emergency Net) che svilupparono forme di collaborazione spontanea e scambio di informazioni. Molti accordi bilaterali gradatamente si ampliarono e tutte le coste del mare del Nord ricevettero le stesse attenzioni.