
«Il giorno dopo la tragedia, con oltre cento cadaveri negli obitori, centinaia di feriti negli ospedali e 1.300 persone la cui sorte resta letteralmente sconosciuta, nessuno in Germania ha più il coraggio di negare la vera causa della devastazione che ha distrutto mezzo Paese. A partire dal ministro dell’Interno, Horst Seehofer, leader della Csu, che non è mai stato ambientalista nemmeno un minuto in vita sua: “Non si può più dubitare che questa catastrofe dipenda direttamente dal cambiamento climatico. Un’alluvione con così tante vittime e dispersi io non l’avevo mai vista prima”». Così l’incipit di Sebastiano Canetta sul manifesto.
«Anche 12 disabili tra i morti», segnala Paolo M. Alfieri su Avvenire. «Ieri una nuova frana in Vestfalia ha trascinato con sé alcune case e auto, provocando la morte di un numero imprecisato di persone a Erftstadt-Blessem». Merkel, dimensione della tragedia ancora di scoprire. «Temo che vedremo la piena portata di questa tragedia solo nei prossimi giorni», ha ammesso la cancelliera Angela Merkel da Washington.
Le zone più colpite sono quelle dell’Eifel, alcune aree lungo il Reno al confine tra Nord-Reno Vestfalia e Renania Palatinato. Difficoltà sono state registrate anche nella Germania orientale. Gravi problemi anche sulla rete ferroviaria, sempre nei due länder più colpiti. Vicino al confine con il Belgio crea preoccupazione la diga di Rurtalsperre, che rischia di cedere: i villaggi circostanti sono stati evacuati. In Belgio le vittime sono già 23, altrettanti i dispersi. L’area più colpita è la regione francofona della Vallonia: è qui che si sono registrate tutte le vittime. Allerta in Olanda, dove le piogge torrenziali hanno aperto una breccia larga un metro in un’altra diga, nel comune di Meersen, al confine con il Belgio.
«Benvenuto nella ‘Germania in ginocchio’ denunciano gli attivisti del Fridays For Future protestando in ben 40 città tedesche». Tocca al presidente della repubblica Frank-Walter Steinmeier «l’ultima chiamata per evitare il disastro climatico permanente». Disinnescare la normalità di tempeste come il tifone “Berndt”. «Soltanto se prendiamo in mano con decisione la lotta contro i cambiamenti climatici riusciremo a contenere gli eventi estremi come quelli che stiamo vivendo in queste ore», ha scandito Steinmeier, che non è un noto ecologista.
Ursula von der Leyen, che prima di essere la presidente della Commissione Ue rimane una tedesca: «L’intensità e la lunghezza di questi eventi ci dà l’indicazione del cambiamento climatico in corso e l’urgenza di agire. L’economia basata sui combustibili fossili è arrivata al limite a spese del pianeta».
Pesa la confusione dovuta ai collegamenti distrutti, ma anche il caos del federalismo che spezzetta qualunque iniziativa politica del governo centrale.
«Per questo la ministra dell’Ambiente, Svenja Schulze (Spd), ieri ha proposto una nuova legge per cui «il cambiamento climatico deve essere considerato giuridicamente come una missione comune dell’esecutivo federale e dei 16 Land».
Risveglio del governo centrale comunque fuori tempo massimo e anche auto-assolutorio, secondo i ‘Fridays for Future che ieri sono scesi in piazza in decine di città tedesche e unire solidarietà ai colpiti e assieme protesta. «Tutto in attesa di misurare l’effetto elettorale della tempesta “Bernd” nelle urne del 26 settembre», sottolinea Sebastiano Canetta.
Armin Laschet, governatore del Nordreno-Vestfalia, segretario della Cdu e candidato-cancelliere dei democristiani alle elezioni federali di settembre, adesso è sempre in prima linea con gli stivali immersi nell’acqua dei fiumi straripati. «Eppure fino a ieri il delfino politico di Angela Merkel è stato il nemico numero uno della svolta ambientalista che minaccia il business della potentissima lobby del carbone della Ruhr, il cuore industriale dello Stato che guida dal giugno 2017».