Il canarino nella gabbietta che si crede un’aquila

Il barbiere alchimista e anarchico è abituato a usare il rasoio. Non fa troppi giri di parole per giustificare un misfatto, lo mostra nella sua evidenza. O lo tace per la sua evidenza.
Da una parte gli oppressi, dice, dall’altra gli oppressori. In mezzo, spesso sotto forma di oppressi asserviti agli oppressori, gli indifferenti che pensano sia sempre meglio una piccola libertà nella gabbietta di quella cosa sconfinata e senza limiti che si chiama libertà nella giustizia sociale, pericolosissima e contraria al decoro, e che crea disagio anche al canarino abitudinario che fa politica e sui social si crede un’aquila.

Così, al termine di un’accurata sfoltita di capelli, ha concluso che non si esce da questo schema. E che l’ambizione dell’essere umano deve per forza essere la gabbietta, che ti consente di vedere il mondo con chiarezza, solo nell’accettazione serena, ignorando l’esistenza delle sbarrette e togliendosi dalla testa le seghe mentali, da vetero-intellettuali, di ciò che è giusto e di ciò che è efferato.

Già, che cosa è giusto? Ha domandato perplesso un cliente pronto alla rasatura. Questo è il punto, ha replicato il barbiere: oggi potremmo dire che è giusto ciò che è utile a farti sentire un’aquila nella gabbietta, è efferato ciò che danneggia la narrazione, mettendo quindi in dubbio ciò che è utile. Ma un primo passo sarebbe chiedersi: giusto (o sbagliato) per chi? Chieditelo, mio caro, e studia, approfondisci, agisci nella vita per ribaltare il mondo. Altrimenti, senza giusti interrogativi, la gabbietta è l’unica risposta. Essendo canarino e credendosi liberi come un’aquila.

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