Haiti non piange Moïse. «La violenza si ritorce contro chi la genera»
Il presidente è stato ucciso da colombiani e statunitensi, dice Haiti. La polizia ha arrestato 17 stranieri accusati di avere partecipato all’omicidio di Jovenel Moïse, e ne sta ricercando ancora 8. Identificato i due statunitensi, Joseph Vincent e James Solages, entrambi di origine haitiana, naturalizzati americani e residenti in Florida. Rispetto ai colombiani, secondo le prime ricostruzioni almeno sei di loro sarebbero ex membri dell’esercito colombiano. Nessuna indicazione per ora sui mandanti politici. Dopo l’assassinio-choc del presidente, è il caos. Stato d’emergenza e due presunti primi ministri in campo che rivendicano il potere. Uccisi quattro «mercenari» del commando omicida. Gli Usa pronti a «operare».
Il popolo di Haiti non piange
«Il popolo haitiano vive movimenti di incertezza ma non piange. Perché, assicurano le forze sociali riunite in Alba Movimientos, l’assassinio del presidente de facto Jovenal Moïse è uno di quei casi in cui la violenza si ritorce contro chi l’ha generata per primo, finanziando gruppi criminali allo scopo di soffocare la mobilitazione permanente delle classi popolari, come pure le proteste dell’opposizione e dell’insieme delle istituzioni dello stato», riferisce Marco Boccitto che sottolinea come «le conseguenze dell’omicidio sono ancora difficili da prevedere, il rischio è che il paese sprofondi ora ancora più nel caos».
Chi gestirà il difficile dopo
Dopo l’esecuzione di moïse, è stato il primo ministro de facto Claude Joseph ad autoproclamarsi presidente ad interim, convocando il consiglio dei ministri e proclamando lo stato d’assedio. Ma che il suo ruolo sia legittimo è assai discutibile. Tanto più che il 5 luglio il defunto presidente aveva provveduto a nominare un nuovo premier, Ariel Henry, il quale rivendica ora il suo diritto a guidare il governo, definendo per di più «frettolose» alcune decisioni di Joseph, a partire proprio dalla dichiarazione di stato d’assedio. «Non voglio spargere benzina sul fuoco – ha dichiarato Henry al quotidiano Le Nouvellliste -, ma la mia nomina è stata pubblicata dalla Gazzetta ufficiale e io stavo già formando un governo quando hanno attaccato la residenza presidenziale».
Il Primo ministro sono io, no io
«Di certo, però, chiunque dei due sostituisca il presidente assassinato dovrebbe passare per l’approvazione del parlamento, che tuttavia non è mai stato rinnovato a causa della mancata convocazione delle elezioni parlamentari al termine della legislatura nel gennaio del 2020», sottolinea il Manifesto. Un vuoto istituzionale di cui Moïse – il cui mandato era scaduto il 7 febbraio scorso – aveva approfittato per mettere mano da solo alla riforma dello Stato e convocare illegittimamente le prossime elezioni-per non uscire di scena e perdere il potere, che poi ha dovuto cedere nel peggiore dei modi. ha dovuto cederlo nel peggiore dei modi.
Brutti segnali dagli Stati Uniti
Per nulla rassicurante, che gli Stati uniti per bocca dell’ambasciatrice presso l’Onu Linda Thomas-Greenfield, si siano detti pronti a «operare per sostenere la democrazia, lo stato di diritto e la pace ad Haití». Quale democrazia e quale Stati di diritto ad Haiti? «Di che tipo di sostegno non possono infatti esserci dubbi, considerando come il «nèg banann», l’uomo delle banane, come il popolo chiamava l’imprenditore diventato presidente grazie a colossali brogli, sia sopravvissuto a mesi di rivolte popolari grazie proprio all’incrollabile appoggio degli Stati uniti, timorosi dell’avvento di un nuovo governo ‘castro-bolivariano’».
Core Group, il gruppo degli «amici di Haiti» di cui Usa e Ue fanno parte insieme ad altri paesi, rimasti volutamente ciechi e sordi dinanzi ai massacri, al banditismo di Stato, allo smantellamento delle istituzioni e al monumentale saccheggio delle casse dello stato.