
Deb Haaland, parlamentare del New Mexico, sarà la prima ministra nativa della tribù Pueblo, con terre ancestrali nei pressi di Albuquerque. Sul Navajo Times, organo della nazione Diné: «Quando si è diffusa la notizia, verso le 16:30, Indian Country è esploso in celebrazione», sottolinea Luca Celada sul Manifesto. Deb Haaland nominata all’ «Interior», avrà giurisdizione sulle terre federali, quindi anche sulle popolazioni a cui quelle stesse terre sono state sottratte. E sarà determinante anche su molte controversie ambientali, segnando una netta inversione di rotta rispetto all’amministrazione Trump su tutele naturalistiche.
Come ha detto al Washington Post Holly Cook Macarro, amminIstratrice dell’American Indian Graduate Center, «ora sulle questioni tribali possiamo avere fiducia di avere non solo una voce “amica”, ma una voce che è nostra».
«L’emozione diffusa nell’arcipelago di riserve che compongono la Nazione Indiana è più che giustificata. Nell’ordinamento americano la posizione di ‘secretary of the interior’ non corrisponde a quella di ministro dell’Interno (non ha ad esempio delega su sicurezza e immigrazione), ma designa il dicastero preposto alla gestione delle terre federali corrispondenti a circa un quinto del territorio nazionale», aggiunge Celada.
«Il ministero ha quindi giurisdizione, attraverso il Bureau of Indian affairs, anche sulle popolazioni a cui quelle terre sono state sottratte. E Haaland, la cui nomina da parte di Biden è stata ratificata lunedì dal Congresso, diventa ora la prima nativa americana a ricoprire la carica».
Jonathan Nez, presidente della nazione Navajo ha commentato: «Questa è una giornata monumentale, senza precedenti per le Prime Genti di questo paese. Le parole non bastano ad esprimere l’orgoglio e la gioia nel vedere una dei nostri insediata in una carica di questa importanza». L’«Interior», è molto di più di quella che potrebbe sembrare una semplice burocrazia demaniale. Il ‘BIA’ ad esempio, istituito nel pieno delle “guerre indiane”, è stato storicamente l’organo per amministrare le riserve e le popolazioni native sottomesse e la lunga scia di ingiustizie travestite da sussidi federali a cui sono state sottoposte
Il ministero amministra inoltre territori protetti e parchi nazionali, tutela fauna e flora a rischio e rilascia le licenze minerarie e petrolifere per i territori federali e offshore, lo sfruttamento commerciale cioè delle risorse, molte delle quali si trovano proprio su territori protetti e riserve.
Questa giurisdizione pone il dicastero di Haaland in una posizione determinante su molte controversie ambientali e gli è valsa la feroce opposizione dei senatori repubblicani che hanno condotto una campagna contro di lei in quanto ‘estremista del Green New Deal’.
«Haaland ha invece avuto il sostegno del presidente che in uno dei suoi primi decreti presidenziali ha sospeso la costruzione dell’oleodotto Keystone che collegherebbe i giacimenti canadesi alle raffinerie texane. Un’altra conduttura simile in via di costruzione, la Dakota Access, attraversa terre Sioux ed è stata oggetto delle durissime lotte a Standing Rock da parte di quella tribù che hanno per ora ottenuto la sospensione dei lavori».
Trump aveva assegnato la carica a Ryan Zinke, ex navy seal, speculatore e petroliere che ha aperto l’accesso a cacciatori e trivelle, decurtando parchi nazionali come lo Staircase Escalante in Utah, con i suoi insediamenti ancestrali Hopi e per ultima la riserva naturale artica, decretata nuova frontiera dei giacimenti petroliferi che custodisce il suo sottosuolo.
Una storia che ingigantisce l’importanza simbolica della nomina di Haaland che per la prima volta porterà al ministero il bagaglio culturale degli “sconfitti” e potrà influire direttamente sul processo di elaborazione e rettifica storica che rimane cruciale e di una necessaria riparazione se l’America vorrà avanzare sulla strada della riconciliazione così bruscamente interrotta dal nazionalismo suprematista di Trump.
Elisa Loncón ha salutato la sua elezione sventolando la bandiera del popolo mapuche, vestita in costume tradizionale, dopo aver iniziato il suo saluto parlando in mapudungun, la lingua del suo popolo. Elisa Loncón, guiderà la costituente che scriverà la nuova Magna Carta del Cile, la prima dai tempi di Pinochet. «L’accademica ha ottenuto 96 voti su 155 al secondo turno, battendo così Harry Jürgensen, candidato di Vamos por Chile, che ha ottenuto 36 voti. Nel secondo turno Loncón ha aggiunto i voti dei rappresentanti dei popoli nativi, della Lista del Pueblo, del Frente Amplio e di alcuni indipendenti», spiega Silvia Guzzetti su Avvenire.
«Questo sogno è un sogno dei nostri antenati. Questo sogno diventa realtà. È possibile rifondare il Cile, stabilire una nuova relazione», ha detto la storica attivista della popolazione nativa. L’accademica, che ha 58 anni, è originaria di Lefweluan, nell’Araucanía, e insegna alle Università di Santiago e di Leiden in Olanda,. Una donna e una erede dei popoli nativi schiacciati dalla colonizzazione bianca del dopo Cristoforo Colombo, a guidare i lavori che porteranno a una costituzione che supererà finalmente quella scritta ancora ai tempi del massacratore Pinochet.
È possibile “stabilire un nuovo rapporto tra tutte le nazioni che compongono questo Paese”, ha concluso, preannunciando che la nuova Carta tutelerà “la madre terra e l’acqua”, oggi considerate bene privato.