Trenta anni fa l’inizio della fine della Jugoslavia
Trenta anni fa l’inizio della fine della Jugoslavia

«Il 25 giugno del 1991 è una data memorabile», segnala a un mondo distratto Tommaso Di Francesco sul manifesto. Da quel giorno, con la proclamazione d’indipendenza della Slovenia e della Croazia dalla Federazione jugoslava, «si apriva la voragine sanguinosa della guerra interetnica jugoslava».
Nella splendida foto simbolo di Mario Boccia i portici crivellati di schegge di Vukovar deserta 1992

Memoria. «Iniziavano gli anni Novanta, precipitava la crisi nell’Urss, iniziava il conflitto in Iraq, si avviava dopo la caduta del Muro la riunificazione della Germania. E la guerra tornava nel Vecchio continente, nel sud-est dell’Europa, strategico ponte del confronto-scontro con l’Oriente.

Una data che cambiò l’agenda del mondo

«La Federazione jugoslava era formazione storico-politica nata del movimento partigiano che aveva liberato il Paese dall’occupazione nazi-fascista e dai regimi e forze locali ad esso collegati». Federazioni socialista che il Maresciallo Tito aveva tenuto in equilibrio nella guerra fredda: «dalla rottura con Stalin nel 1948 aveva costruito un suo collocamento internazionale promuovendo il Movimento dei Non Allineati».

La sei repubbliche le sei diseguaglianze

«La spina nel fianco restavano i diversi pesi economici, spesso mal distribuiti, dei Paesi componenti della Federazione». Slovenia, Croazia, Macedonia, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Serbia più due regioni autonome aggregate alla Serbia, il Kosovo a maggioranza albanese e la Vojvodina con forte presenza di una popolazione di origine ungherese. «Dopo la morte di Tito nel 1980 il Paese entrò in una fibrillazione economica fortissima». Ricorso al Fondo monetario internazionale, prestiti, debiti e austerità imposta con vaste proteste sociali.

I ricchi, i poveri e gli interessi esterni

«Di fronte ai nodi del bilancio federale, le regioni più «ricche», come la Slovenia, posero il veto sulla condivisione dei costi della crisi verso le regioni più povere (Montenegro, Kosovo, Macedonia». Salta il rapporto di solidarietà e nelle elezioni multipartitiche del 1990 emergono i partiti nazionalisti. L’Unione europea che nasceva allora (la Commissione Badinter), «decise che non si dovevano riconoscere proclamazioni di indipendenza fatte in modo unilaterale, con la violenza e nel disprezzo del metodo democratico».

L’Europa dal 25 giugno del 1991 fece tutto il contrario di quello che aveva deciso. Prime la Germania di Kohl insieme al Vaticano del polacco Wojtyla, riconobbero Slovenia e Croazia che si erano dichiarate indipendenti sulla base di valori etnici: «La Slovenia è la patria degli sloveni e la Croazia è la patria dei croati» dichiaravano le prime costituzioni de nuovi Stati.

Stati Etnici, conflitti e future pulizie etniche

«Via via tutti gli altri Stati della nuova Unione europea riconobbero queste indipendenze su base etnica, senza chiedersi che fine avrebbero fatto le popolazioni non slovene e non croate dentro Stati etnicamente puri». Cominciarono le proclamazioni di separazione interna dei serbi in Croazia, nella Baranja e in Krajina, sino alla tragedia bosniaca dove tutte le etnie e le religioni erano rappresentate.
«L’Unione europea nasce e si costruisce specularmente a partire dalla distruzione della Federazione jugoslava. Per una guerra dunque nella quale non è vero che non siamo intervenuti se non troppo tardi, ma che invece abbiamo contribuito a fare esplodere e della quale siamo co-responsabili insieme ai nazionalismi interni».

Si poteva fare diversamente?

«Centinaia di migliaia di vittime, di stragi, pulizia etnica, l’assedio di sarajevo, violenza sulle donne, tutti crimini per i quali apparecchiati Tribunali ad hoc hanno incolpato solo i criminali locali ma non ancora – e forse mai più – quelli internazionali. Si poteva fare diversamente?».
Eccome se si poteva. Sarebbe bastato rispettare le indicazioni della Commissione Badinter. «Di fronte ad una realtà jugoslava che vedeva ben 19 nazionalità, almeno tre religioni (cristiano ortodossa, musulmana e cattolica) e quattro lingue ma dove al primo censimento del 1981 che chiedeva a quale etnia si apparteneva, milioni di persone si erano pure dichiarate solo ‘jugoslave’, bisognava agire con saggezza intimando che quella area sarebbe entrata nell’Ue solo se avesse salvaguardato la sua unità».

Errori europei, Usa prima contrari e poi..

Gli Stati Uniti (segretario di Stato, il repubblicano James Baker e l’inviato Cyrus Vance) «preoccupati del crollo di un Paese cardine dell’equilibrio con l’Oriente e già alleato dell’Occidente per tutta la guerra fredda, provarono fino all’ultimo a contraddire la tendenza».
Poi fu quello che ancora ricordiamo tutti, con le ‘guerre umanitarie’ a convenienza di parte, «e gli Usa divennero sponsor di tutti i conflitti sul campo aprendo in Bosnia perfino all’arrivo di mujaheddin dall’Afghanistan e ai ripetuti interventi della Nato che finalmente trovava occasione di protagonismo; fino alla pace di carta di Dayton a fine ‘95 che altro non fu che una spartizione su base etnica».

La post-Jugoslavia oggi

Dalla ancora poderosa Federazione Jugoslava di 30 anni fa, ai sei piccoli Stati, anzi sette con il Kosovo della secessione dalla Serbia. Piccole entità etniche e nazionali con enormi problemi. A sintesi estrema, la crisi politica slovena del leader Janez Jansa, allora dissidente delle rivista di sinistra Mladina e ora legato alla peggior destra di Orban; i conflitti sui confini tra Sterelli che restano (il Golfo di Pirano conteso tra Lubjana e Zagabria); la crisi bosniaca di fatto mai risolta; e la questione albanese che coinvolge sia il Kosovo che la Macedonia. Dalla ricostruzione storica di Tommaso Di Francesco, molto più articolata e complessa nella sua forma originale, la considerazione politica che compete all’autore:

«Ma tutti o quasi hanno un nuovo fiammante bilancio della difesa: dopo il piccolo Montenegro, sono ormai tutti dentro la Nato o in ottica atlantica. La vogliamo chiamare espansione della democrazia liberale?»

§§§

AVEVAMO DETTO

Tags: Jugoslavia
Condividi:
Altri Articoli
Remocontro