
«Gli Stati Uniti devono guidare il mondo da una posizione di forza. Sia che si tratti di fermare la pandemia di Covid ovunque, o di un’accelerazione della crisi climatica o di affrontare le attività dannose dei governi di Cina e Russia». Cina e Russia assieme al Coronavirus e ai catastrofici cambiamenti climatici, la possibile sintesi. Così il presidente americano presenta il suo viaggio in Europa sul Washington Post.
Biden è partito oggi e si prepara a diversi incontri: Regno Unito per la riunione dei leader del G7 (11-13 giugno), poi il summit Nato (14 giugno) a Bruxelles, e infine primo bilaterale con Vladimir Putin a Ginevra (16 giugno).
Nel suo articolo Biden ha specificato quanto la sua politica estera aveva già ampiamente lasciato intendere, sottolinea Simone Pieranni sul manifesto. «Un ritorno degli Usa nel campo internazionale, come partner affidabile e come guida dello scontro tra democrazie e Stati autoritari, su tutti la Cina e la Russia», la versione Usa. Ovviamente l’incontro con Putin è il momento più atteso del viaggio, dopo l’infelice avvio dei rapporti personali con quella botta di ‘killer’’ scappata dal neo presidente Usa all’’eterno presidente russo.
«Gli Stati Uniti non cercano il conflitto. Vogliamo una relazione stabile e prevedibile in cui possiamo lavorare con la Russia su questioni come la stabilità strategica e il controllo degli armamenti. Ecco perché ho agito immediatamente per estendere di cinque anni il trattato New START e rafforzare la sicurezza del popolo americano e del mondo».
Sulla Cina Biden aveva poco da dire, perché tanto ha già fatto. Nei giorni scorsi Biden ha messo in lista nera altre società cinesi facendo seguito alle decisioni di Trump. Ma c’è una particolarità, messa in luce dai media internazionali: il divieto di Trump era imposto alle aziende cinesi con link diretti – possedute o affiliate – all’esercito cinese. Biden rincara ed è sufficiente che un’azienda cinesi operi nei settori della difesa o della sorveglianza.
Botta e risposta: Pechino sta per approvare una legge contro le sanzioni americane e probabilmente sosterrà il ricorso delle aziende straniere a corti internazionali.
Il presidente USA Joe Biden in Europa per una settiman al summit del G7, al vertice della Nato e quello con l’Ue e a un faccia a faccia con Vladimir Putin. Sa bene –sottolinea ISPI, studi di politica internazionale- che in Europa Pechino è l’astro in ascesa e l’affidabilità di Washington, agli occhi degli alleati, porta ancora i segni dell’era Trump.
Nei Transatlantic Trends pubblicati oggi dal German Marshall Fund, alla domanda se l’America rimanga un interlocutore affidabile per gli europei, solo polacchi e italiani rispondono positivamente in una percentuale che supera il 70% mentre il tasso scende al 60% in Francia e addirittura al 51% in Germania, il più basso tra i paesi considerati esclusa la Turchia.
A complicare il rilancio delle relazioni tra Europa e Stati Uniti c’è un sostanziale disallineamento degli interessi economici e strategici, esempio il gasdotto Nord Stream II. Ora Biden ha deciso di non sanzionare la società tedesca che costruisce il gasdotto, ma l’atto di prepotenze rimane.
Nel 2019 il presidente francese Macron aveva dichiarato l’alleanza atlantica in stato di “morte cerebrale”, opponendosi agli aumenti di spesa chiesti ‘vivacemente’ da Trump a favore della difesa nazionale.
L’Italia, che ha confermato la sua linea atlantista dall’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi, le relazioni sono certo più serene ma su Libia e relazioni mediterranee non del tutto scontate.
Di fatto molti tra i 27 hanno priorità economiche e strategiche diverse dagli Stati Uniti e c’è il rischio che tali divisioni allontanino ulteriormente le due sponde dell’Atlantico