Fortezza Danimarca per i profughi e la legge per finta
La Danimarca approva una legge che delocalizza i richiedenti asilo in un paese terzo. Scarica barile detto in maniera più elegante dall’ISPI, l’istituto studi di politica internazionale. Timori Ue e Onu per un ‘effetto domino’. La proposta danese assomiglia ai tentativi già visti di esternalizzare ai paesi terzi non solo la gestione dei flussi migratori, ma anche il peso dell’accoglienza. È andata male nel 2018, andrà probabilmente male anche oggi. Dura la condanna della Ong danese Danish Refugee Council, poiché “il modello che hanno sostenuto, di fatto, non esiste”.
‘Diritto d’asilo’ in salsa danese
Il Parlamento della Danimarca ha approvato una legge che permetterà di esaminare le richieste di asilo e protezione internazionale lontano da casa loro. Prima la decisione di Copenaghen di rimpatriare i rifugiati siriani nel loro paese considerato ormai ‘sicuro’. Commissariato Onu per i rifugiati, la legge danese «è contraria ai principi della cooperazione internazionale in materia di rifugiati». Rischio temuto, l‘effetto domino. «Nel paese scandinavo in cui vivono circa 5,8 milioni di abitanti –sintetizza ISPI- il numero di richiedenti asilo è calato dai 21mila del 2015 ai 1.500 del 2020. Di questi, solo 601 hanno ottenuto l’asilo, il numero più basso degli ultimi 30 anni».
La nuova legge che nasce bugiarda
In base alla nuova legge, i richiedenti asilo in arrivo in Danimarca saranno trasportati in un paese terzo dove la loro domanda verrà esaminata. In caso di approvazione della richiesta, l’autore non ottiene di poter entrare in Danimarca ma solo di rimanere nel paese terzo. Scaricabarile e per giunta velleitario dato che, al momento, nessun paese ‘terzo’ si è fatto avanti per accogliere la proposta danese. Secondo il quotidiano Jyllands-Posten, il governo di Copenaghen c’ha provato con Ruanda, Tunisia, Etiopia ed Egitto.
Detenzione off-shore?
L’esternalizzazione delle procedure di richiesta asilo, è una questione che rispunta ad intervalli regolari. Nel 2018 era stata la stessa Commissione Ue a proporla sotto forma di “piattaforme di sbarco regionali” in paesi extra Ue, arenata di fronte alla contrarietà dei paesi consultati. Il Regno Unito lo scorso anno aveva pensato a un centro per la richiesta di asilo sull’isola di Ascensione, nell’Atlantico meridionale, ma la logistica folle ha detto no. Per non parlare di Nauru e Papua Nuova Guinea voluti dall’Australia, di fatto trasformati in centri di detenzione prolungata e illegale secondo il diritto internazionale.
Europa in alto mare
Quello della Danimarca è solo l’ultimo tentativo in ordine di tempo, di scaricare il problema dei migranti ad altri, rilava ISPI. «Se il progetto – voluto dai socialdemocratici della premier Mette Frederiksen, sostenuto dall’opposizione di destra e approvato con una maggioranza di 70 voti a favore e 24 contrari – approderà a un risultato concreto, è ancora tutto da vedere». La Commissione europea ha fatto sapere che analizzerà la legge danese «prima di intraprendere ulteriori azioni». E la mossa di Copenaghen non aiuta certo la richiesta del nostro governo per un ricollocamento dei migranti, con solo Irlanda, Lituania e Lussemburgo disposti ad accogliere poche decine dei migranti recentemente arrivati in Italia.
Un problema ancora senza soluzione
«Proporre una soluzione infattibile per un problema che, al momento, non esiste», osserva critico l’analista ISPI sulle migrazioni Matteo Villa. «Sembra essere questa la scelta dei paesi europei quando si tratta di scegliere come gestire le migrazioni irregolari, anche quando riguardano un numero esiguo di richiedenti asilo.
«Numeri gestibili di persone che, in quanto potenzialmente perseguitate, meriterebbero quantomeno di essere ascoltate prima di essere respinte».
«La proposta danese assomiglia ai tentativi già visti di esternalizzare ai paesi terzi non solo la gestione dei flussi migratori, ma anche il “peso” dell’accoglienza. È andata male nel 2018, andrà probabilmente male anche oggi».
Ma il continuo ricascarci dei governi Ue è la spia che, sulle migrazioni, ancora non ci è facile spogliarsi dalle emozioni e affrontare la sfida che abbiamo di fronte con lucidità e razionalità.