Bolsonaro accusato di «genocidio Covid»

«Psicopatico, nel migliore dei casi. Assassino, nel peggiore». Questo il profilo del ‘fascistissimo’ Bolsonaro secondo centinaia di migliaia di persone scese in piazza in tutto il Paese per protestare contro la disastrosa gestione della pandemia da parte del presidente brasiliano che nel gigante latinoamericano ha provocato finora oltre 461 mila morti.
L’impeachment per la disastrosa gestione della pandemia.
La catastrofe sociale e quella ambientale. Crimini contro l’umanità

Genocidio Covid

Una marea umana che a San Paolo, Rio, Brasilia, Belo Horizonte, Salvador de Bahia, la più grande manifestazione che il Paese abbia mai visto dall’inizio della pandemia, a chiedere l’impeachment di Bolsonaro e un’accelerazione della campagna vaccinale che nel Paese va a rilento.
Finora, secondo i dati pubblicati dal quotidiano Folha de S. Paulo, è stato vaccinato con una dose poco più del 21 per cento della popolazione e con due dosi poco più del 10 per cento degli oltre 210 milioni di abitanti.
Nelle ultime 24 ore – numeri del ministero della Salute – sono stati registrati 79.670 nuovi casi di contagio e 2.012 decessi:

il Brasile è secondo nel mondo solo agli Stati Uniti per numero di morti ed è il terzo Paese, dopo l’India, per contagi, 16.471.600, in base ai dati della Johns Hopkins University.

Bolsovirus

«Bolsonaro genocida», «Vattene Bolsovirus», scandivano i 10 mila manifestanti di Rio chiedendosi quante vite si sarebbero potute salvare se il presidente-negazionista non avesse sottovalutato il Covid e avesse iniziato per tempo la campagna vaccinale, la sintesi dell’agenzia ANSA.
«Dobbiamo fermare questo governo. Quando è troppo è troppo», ha detto all’Afp uno dei dimostranti, convinto che Bolsonaro «non si rende conto del disastro che sta provocando». Tra lo psicopatico e l’assassino.
D’altra parte il presidente non mostra alcun ripensamento e solo pochi giorni fa ha ammesso di aver utilizzato nuovamente l’idrossiclorochina (una presunta terapia senza valore scientifico), «per precauzione» dopo aver avvertito sintomi riconducibili al coronavirus.

«Governo più pericoloso del virus»

Da parte di Bolsonaro, nessun ripensamento. E mentre gli scienziati lanciano l’allarme sul rischio di una terza ondata di Covid, ancora più micidiale dell’ultima –segnala Claudia Fanti sul manifesto- «i casi di contagio hanno ripreso a crescere e così il numero di morti, giunto a oltre 459mila, ma il presidente si è rivolto al Supremo tribunale federale affinché dichiari inconstituzionali le misure di quarantena disposte contro la pandemia da governatori e sindaci».
Ma oltre la criminale gestione della pandemia, i movimenti popolari sono scesi in piazza contro la perdita dei diritti sociali, delle disoccupazione esplosa, e dello sfascio ambientale a danno delle foresta amazzonica a vantaggio dei fazenderos e minatori sostenitori di Bolsonaro.

Catastrofe popolare e abbandono

Dal Partito dei lavoratori, i ‘trabalhadores’, quello di Lula, «crescono le condizioni critiche del popolo, che senza reddito e senza impiego si espone tutti i giorni al contagio per sopravvivere, senza alcuna forma di sostegno da parte del governo». E precipitano i consensi per l’ormai screditato il presidente, bocciato, secondo l’ultimo sondaggio di PoderData, dal 59% della popolazione: se le elezioni ci fossero oggi, Lula lo batterebbe al primo turno di quasi 20 punti, 41% contro 23%.
Ma il discredito travolge anche i suoi ministri, a cominciare da quello dell’Ambiente, Ricardo Salles, lasciato incredibilmente al suo posto da Bolsonaro malgrado l’indagine giudiziaria aperta contro di lui per contrabbando di prodotti forestali negli Stati Uniti e in Europa.

Arroganza sfacciata

L’inquisito amico di famiglia’ «Il miglior ministro dell’Ambiente nella storia del Brasile» lo ha anzi definito il terzogenito del presidente, Eduardo, dopo l’irruzione nei suoi uffici ordinata alla polizia federale dalla Corte suprema e la sospensione immediata di dieci funzionari, compreso il presidente dell’Ibama Eduardo Bim, responsabile di aver sospeso l’obbligatorietà dell’autorizzazione all’esportazione di legname.
E Survival International denuncia il progetto governativo di aprire le terre di alcuni popoli nativi senza neppure consultarli a uno sfruttamento dalle conseguenze letali, abolendo le ordinanze che attualmente proteggono i loro territori da trafficanti di legname, imprenditori agricoli e accaparratori di terra.

Un piano che, secondo gli esperti, potrebbe causare l’estinzione di diversi popoli e la distruzione di circa un milione di ettari di foresta pluviale, un’area pari a tre volte la Valle D’Aosta.

Condividi:
Altri Articoli
Remocontro