
Oltre un quarto di secolo dopo l’immane tragedia, il presidente francese Emmanuel Macron ha riconosciuto cose note al mondo ma che nessun altro suo predecessore aveva osato ammettere. Nella spirale dell’odio etnico che ha portato all’orrore del tentato feroce genocidio, questa volta Parigi non si è limitata a riconoscere «gravi errori», come già fatto da Sarkozy nel 2010, me di ‘errori’, diventano colpe. Forse un prossimo presidente chiederà anche perdono, visto che a tanto Macron non è arrivato, pentimento senza penitenza, e molti del familiari delle centinaia di migliaia di vittime lo hanno rilevato e subito contestato.
Ma il presidente ruandese Paul Kagame si accontenta e apprezza il «discorso potente» di Macron, perché «le sue parole hanno più valore delle scuse, sono la verità». Nel complesso, commentato Kagame, si è trattato d’un «atto d’enorme coraggio».
L’atto di scuse mancate sostituito da 100mila dosi di vaccino anti-Covid, pur di non imitare i vertici del Belgio che fin dal 2000 avevano presentato scuse esplicite. Ma i postumi del colonialismo africano in Francia sono ancora memoria dolente e non serena. «Il capo dell’Eliseo per fortuna non si è rifugiato dietro circonlocuzioni fumose», osserva Daniele Zappalà da Parigi su Avvenire. «La Francia –dice Macron- riconosce la parte di sofferenze che ha inflitto ai ruandesi». Ma poi precisa, dichiarazione a parte, «questo non vuol dire che ci sia stato sangue innocente ruandese direttamente versato da effettivi francesi complici dei massacri», ma su questa affermazione categorica, la storia ancora litiga.
«Riconoscere questo passato è pure e soprattutto proseguire l’opera di giustizia. Impegnandoci affinché nessuna persona sospettata di crimini di genocidio possa sfuggire alla giustizia». Allusione chiara a quegli “esuli” ruandesi in Francia additati da tempo da Kigali per il loro ruolo nei massacri. Rispetto alla clemenza dimostrata fin qui da Parigi nei loro confronti, potrebbe dunque ben presto scattare un giro di vite politico-giudiziario all’insegna dei conti ancora da saldare con la storia.
A suggellare la prospettiva d’una normalizzazione delle relazioni bilaterali, Macron ha pure annunciato ieri l’imminente nomina d’un nuovo ambasciatore in Ruanda, un posto rimasto vacante dal 2015 sullo sfondo della fase più tempestosa nelle relazioni fra i due Paesi. La svolta grazie lavoro voluto di un gruppo di studio per esaminare responsabilità francesi. A fine marzo, un rapporto di 1.200 pagine, le definiva «pesanti e schiaccianti». E il lavoro di ricerca della verità proseguirà, ha promesso Macron, riferendosi alle residue zone d’ombra circa la politica filo-hutu della Francia del presidente François Mitterrand.
La Germania riconosce le atrocità commesse negli anni del colonialismo, nei primi anni del ‘900, contro le popolazioni degli Herero e dei Nama in quella che è oggi la Namibia. Passati più di 100 anni, Berlino promette oltre un miliardo di euro per lo sviluppo, «Come gesto per il riconoscimento delle sofferenze enormi inflitte alle vittime».
La notizia arriva dopo che rappresentanti dei governi dei due Paesi, con il coinvolgimento degli Herero e dei Nama, hanno raggiunto un accordo su una dichiarazione politica dopo quasi sei anni di negoziati, ma il documento deve essere ancora firmato e in passato non sono mancate contestazioni da parte dei due gruppi etnici con denunce di quella che è stata considerata come una campagna pubblicitaria del governo tedesco.