Buscetta-Badalamenti 2. Mafia e politica
Buscetta-Badalamenti 2. Mafia e politica: Andreotti, caso Moro, Dalla Chiesa

Secondo spezzone inviatoci da un nostro lettore, ma non è ancora l’ultimo. Immagini trentennali da tv di casa non perfette, ma documento che noi riteniamo di rilievo.
Botta e risposta tra Badalamenti e Buscetta attraverso Remondino. Gli incontri in Brasile, i commenti su Dalla Chiesa ucciso per presunti segreti sul caso Moro, la presunta visita di Badalamenti ad Andreotti con Nino Salvo per ringraziarlo degli aiuti processuali.
Badalamenti nega, Buscetta conferma.
Poi Bontade, Michele Greco, Liggio, Riina e i corleonesi.
Resta ancora lo spezzone finale del reportage Rai di indubbio interesse relegato in una sola messa in onda (strano vero?). Vedremo.

La testimonianza precedente dei due Padrini

Mafia e politica, quando Buscetta con Falcone e Borsellino…

Ho incontrato la mafia prima di conoscere Tommaso Buscetta. Masino è stato soltanto il master finale, il super docente in un percorso di apprendimento iniziato nelle aule di tribunale dei maxi processi, nei corridoi delle Procure, caserme e questure. Spesso per le strade dei delitti che mi è toccato vedere e raccontare. C’è stato un periodo, un po’ prima degli anni ’90, in cui gli allora cosiddetti mafiologi che arrivavano dalle redazioni centrali a sovrapporsi ai colleghi locali, solitamente più preparati e bravi di noi, avevano una rete stagionale di appuntamenti fissi. Per l’estate torrida di Palermo, il preferito era l’hotel Villa Igea, ai piedi del monte Pellegrino, con la sua piscina che si affaccia sull’apertura del golfo di Palermo.
Nelle altre stagioni, si sceglieva il più centrale hotel Delle Palme, luogo di antichi vertici di mafia che, con indifferenza quasi secolare, accoglieva ora la cosiddetta antimafia delle parole militanti. Chi la mafia la combatteva sul campo intanto continuava a morire. I miei ricordi si rincorrono, in quel periodo, con gli ultimi colpi della sfida brigatista. Mentre a Palermo, nel gennaio dell’88 la mafia uccideva l’ex sindaco Giuseppe Insalaco, ciò che rimaneva delle colonne brigatiste metteva sotto tiro il consulente della Presidenza del Consiglio Roberto Ruffilli. Il 16 aprile a Forlì, l’agguato che lo uccise. Da allora la sfida armata allo Stato fu praticamente una esclusiva di mafia. Ai ritmi ossessivi imposti dai corleonesi di Riina.

Magistrati bersaglio

Ricordo di aver rincorso a Palermo l’assassinio del presidente della Corte d’Appello Antonino Saetta, ucciso assieme al figlio Stefano, mentre due giorni dopo, la mafia di Trapani ammazzava il collega e sociologo Mauro Rostagno. Da Roma, per lui, dovette partire Giulio Borrelli. In Sicilia era allora un via vai di inviati speciali allo sbando, mentre, per chi di noi veniva dal nord, tornava l’odore acre degli anni di piombo brigatisti. Il sospetto mai risolto che, ancora una volta, il Paese si trovasse coinvolto in una partita occulta tra Stato e Antistato, trovò conferma a metà giugno dell’anno dopo.

La bomba premonitrice dell’Addaura

Sulla scogliera dell’Addaura, tra Palermo e Mondello, nella villa che era il rifugio estivo di Giovanni Falcone, viene trovato un ordigno ad alto potenziale. Ricordo che in quei giorni, a Palermo, c’era chi instillava veleno su una montatura da parte dello stesso bersaglio per incassare consensi. Le cronache recenti ci dicono di incredibili coinvolgimenti in quella vicenda di pezzi dello Stato, ma già allora il segnale, a saperlo leggere, era molto forte. Un anno dopo, lungo la strada a scorrimento veloce tra Caltanisetta e Porto Empedocle, viene ammazzato il sostituto procuratore di Agrigento, Rosario Livatino, che viaggiava senza scorta. Me ne dovetti occupare io e non avevo capito che stano trattando di un futuro Beato.
La vittima, non ancora santo, era quel “magistrato ragazzino” che s’era meritato gli strali dell’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga per una sua inchiesta sui rapporti tra mafia e massoneria. Ricordo ancora oggi commosso, l’incontro con la splendida famiglia del giudice ragazzino. Una dignità che lo Stato, in alcune sue parti, non mostrava certo di possedere.

Il resto, se lo volete

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