
Washington ritiene che una dichiarazione pubblica del Consiglio di Sicurezza Onu non aiuterebbe a calmare le tensioni tra israeliani e palestinesi. Lo ha ribadito l’ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, Linda Thomas-Greenfield. «Il presidente Joe Biden ha espresso il sostegno per un cessate il fuoco», ha dichiarato la diplomatica, ma –critica interna allo stesso partito democratico- «Non una richiesta forte di cessate il fuoco immediato».
L’Egitto mediatore ha proposto un cessate il fuoco tra Israele e Hamas a partire dalle 6 di giovedì prossimo. Lo riporta la tv israeliana Canale 12 che cita fonti palestinesi secondo cui Hamas ha accettato mentre Israele non ha risposto. Tuttavia, un membro della leadership di Hamas, Izzat al-Rishq, ha smentito le indiscrezioni dei media israeliani, ammettendo sforzi per coordinare una tregua, guidati dall’Onu, dall’Egitto, dal Qatar e altri paesi.
Consiglio di sicurezza bloccato ieri per la quarta volta dal veto Usa e montano le tensioni (diventeranno esplicite alla plenaria), e le pressioni sull’amministrazione Biden sia da parte della comunità internazionale che dallo stesso partito democratico, dove aumentano le sollecitazioni per una presa di posizione più forte per fermare Israele. «Per questo nella sua quarta telefonata al premier israeliano Benjamin Netanyahu –scrive ANSA-, Biden ha espresso per la prima volta il suo sostegno ad un cessate il fuoco. Ma senza fissare scadenze».
L’Unione Europea è divisa sostanzialmente tra un gruppo di paesi sempre più ristretto che ha qualche simpatia per la causa palestinese, come Lussemburgo e Svezia; un gruppo di paesi, soprattutto tra i governi populisti dell’Europa dell’est, che sostiene in maniera militante le posizioni di Israele, e in particolare della destra del primo ministro Netanyahu. Poi i Paesi più grandi e importanti, che cercano posizioni di neutralità e mediazione, non senza grossi imbarazzi, come scrive il Post.
E come rivela ‘Politico Europe’, Olof Skoog, l’ambasciatore dell’Unione Europea alle Nazioni Unite, non ha potuto esprimere un semplice comunicato di condanna delle violenze «a nome dei paesi membri», perché l’Ungheria, forte alleato di Israele (Orban Netanyahu coppia ideologica), aveva posto il veto.
Unione Europea sempre lenta nella reazione su questioni di politica estera, problema storico. Nel caso del conflitto israelo-palestinese, le divisioni sono profonde e hanno aggravato l’immobilismo diplomatico. Con la novità politica di un sostegno non solo al diritto di Israele e difendersi, ma un sostegno alla posizioni integraliste del governo Netanyahu.
Una coalizione nata col sostegno dell’ex amministrazione americana di Donald Trump, e che oggi comprende i governi conservatori e populisti di Ungheria, Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca, più l’Austria di Sebastian Kurz. Anche i governi della Grecia e di Cipro si sono avvicinati molto a Israele negli ultimi anni, a causa dei contrasti dei due paesi con la Turchia, che invece è una stretta alleata dei palestinesi.
Il gruppo di paesi europei più sensibile alla causa palestinese è sempre più ridotto e comunque meno militante nella sua attività. Belgio, Lussemburgo, Svezia e Irlanda, tra gli altri, sostengono che l’Unione Europea dovrebbe fare di più per sostenere la formazione e il riconoscimento internazionale di uno stato palestinese.
«In mezzo a questi due schieramenti c’è la gran parte dei paesi dell’Unione Europea, che cerca di trovare un equilibrio e di mettere in atto una politica moderata, che sostenga il diritto di Israele a difendersi ma nel contempo eviti un uso eccessivo della forza da parte dell’esercito israeliano e raggiunga quanto prima un cessate il fuoco», segnala sempre il Post.
La Francia, ricorda il Financial Times ha la maggiore popolazione di residenti ebrei e musulmani nell’Europa occidentale. La scorsa settimana ci sono state manifestazioni con canti antisemiti che hanno messo in difficoltà il governo. Prima dell’inizio degli scontri, il governo aveva condannato gli sfratti contro le famiglie palestinesi nel quartiere di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme est. Negli ultimi giorni Macron è stato duro nella condanna di Hamas e ha ribadito il sostegno «alla sicurezza di Israele e al suo diritto di difendersi in linea con la legge internazionale».
Oltre il difficile equilibrio politico francese (con Netanyahu che non si fa trovare al telefono da Macron), la Germania con forti aiuti umanitaria a Gaza e la stessa Gran Bretagna Brexit ma con una forte presenza musulmana in casa. Un diplomatico britannico al Financial Times: «sembra che Israele non ci ascolti molto».