Il virus dei furbetti di potere
Il virus dei furbetti di potere

Perché ci occupiamo dei partiti e delle loro circonvoluzioni mediatiche? Degli slogan dettati in tv a un giornalista reggi-microfono, dell’assenza politica e progettuale democratica, dei segretari che appaiono e svaniscono, delle scelte internazionali dettate dal vantaggio momentaneo che cela tragedie in prospettiva, delle tattiche e tattichette, delle manfrine di potere che ci vedono spettatori, della mancanza di una visione culturale adatta ai tempi che stiamo vivendo faticosamente?

Perché ci occupiamo dei media, del giornalismo salottiero, della cifra ricamata sulla camicia, dei telegiornali che rispondono alle scelte dei partiti, delle stucchevoli arene televisive in cui giornalisti microfonati intervistano giornalisti della carta stampata, sempre lo stesso circo.

Perché ci occupiamo dei diritti civili rivendicati dall’influencer di turno, dalla star di qualcosa, dal personaggetto famoso che segue i dettami del marketing valoriale che usa ambientalismo, femminismo, inclusione, diversità come oggetto di storytelling di campagne pubblicitarie, mantenendo lo status quo e spingendo all’acquisto di roba che non serve? (Cit. Rossella Forlè)

Dovremmo non farlo, non discutere del niente sui social, smettere di cambiare canale e di tifare nelle arene mediatiche.

Dovremmo fermarci e ricordarci che siamo cresciuti con ideali di giustizia sociale, di uguaglianza e di rispetto per gli altri e che abbiamo sognato di poter cambiare la società (e siamo stati respinti con perdite). Dovremmo anche considerare che se non ci fossero gli idealisti, fissati con l’utopia e con la danza delle idee, con la bellezza e la rinuncia ai vantaggi personali alla faccia degli altri, sarebbe ancora peggio.

Eppure abbiamo responsabilità enormi, perché mentre facevamo volantinaggi, attaccavamo manifesti e costruivamo giornali di lotta, non ci siamo accorti che intorno a noi un mondo di furbetti prendeva forma, come un virus, occupando ogni spazio di dibattito, mediatico, culturale e politico. Mostri che abbiamo avuto al fianco, nelle redazioni dei giornali, nelle sezioni di partito, nei movimenti ambientalisti. Che stavano da una parte della linea gotica per convenienza e vantaggio personale, e appena hanno potuto l’hanno saltata e ci hanno massacrato.

Mostri che abbiamo visto crescere e abbiamo sottovalutato. Personaggi brutti che piano piano, inesorabilmente, sono diventati i referenti di un pensiero politico modificato, penne al servizio di padroni miserabili, esecutori arroganti di efferatezze sociali. Quando li vedo apparire in tv o sui social, mi vergogno per loro, per i loro sorrisi da squalo, per le certezze assolute che esprimono, per la pacata amichevole presa per i fondelli che esercitano grazie a quel poteruncolo che possiedono perché appoggiano intelligentemente e con buon eloquio ogni efferatezza del potere, perché scrivono su quei giornali, perché hanno scelto di ritenere gli oppressori più interessanti e sicuramente eleganti degli oppressi che in genere sono poveri, malvestiti e non hanno un personal trainer all’altezza della modernità, oibò.

Che fare, quindi? Sul bugiardino del tempo c’è scritto: è gradita la resa incondizionata. Un buon modo per sopravvivere senza soffrire troppo, ma bisogna esserci portati. Così continueremo a porci domande e a vivere una lieve coraggiosa e lenta consapevolezza, a fare del pensiero un’azione, senza curarsi dei riflettori, del successo, del piccolo vantaggio. Abbiamo ancora tante cose da difendere e tante ambizioni da lasciare ai nostri figli.

Basta spegnere la tv, riscoprire la strada, la piazza, il quartiere, il paese, il sentiero bianco che si immerge nel bosco, i libri meno celebrati ed essenziali; parlare con lo sconosciuto, ascoltare le ragioni degli altri, fare cultura sul territorio, organizzati e organizzando, cooperando, considerando l’incontro un dono. Dalla parte degli  alberi, della natura, della bellezza, con rispetto per il diverso da noi, per i diritti che ognuno di noi ha, non per censo, razza o religione, ma perché esiste.

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