L’azione di camminare, sovversiva e dolce

Camminare in campagna, seguendo le armonie dello sguardo e il ritmo lento del respiro, mettendo i piedi sull’erba o sulla terra, uno dopo l’altro, senza altro obiettivo che la vita stessa da percorrere, è la cosa più bella del mondo.  

Camminare, stamattina, mi ha fatto sentire in un miracolo. Prima una strada sterrata, poi lungo le vigne, quindi tagliando un podere fino a entrare in un sentiero sinuoso che costeggia il bosco prima di saltare un fossato d’acqua e infilarsi nel bosco. Silenzi interrotti da qualche parola. Animali in lontananza, nessun altro in giro, i tempi sono così. 

C’erano i fiori delicati e lilla degli aglietti selvatici, le margherite, gli aculei degli istrici, le impronte dei cinghiali e dei caprioli sulla terra secca. Un gioco di luci e ombre tra le foglie e oltre gli alberi la valle incantata, con le sue colline sensuali e verdissime in questa stagione, tagliate da canali azzurrognoli, con pochi casolari, ulivi e vigne a distesa, qualche stradina bianca serpeggiante. 

Tanto silenzio, zero incontri, poche parole distillate tra amici, se si cammina con amici. Ed è magnifico. Perché occorre parlare il giusto, per non restare senza fiato. Quindi occorre ascoltare il giusto. Direi che le conversazioni di fianco sono prodigiose, ricche di spunti e pensieri filosofici, di poesia e gloria. Con tante pause. Dove il silenzio è un valore.

Camminare è un gesto sovversivo. Ci aiuta a comprendere, a uscire dal frastuono, a togliersi dal pc e dal telefonino; a sentire profumi e vedere nella lentezza quello che non vediamo mai nella furia di vedere tutto. 

Camminare è rivoluzionario, nella storia ogni movimento di cambiamento si è messo in marcia per conquistare diritti, per lottare, per fare del pensiero un’azione. Tutto comincia da un passo. Un semplice gentile e lento passo verso una prospettiva sconosciuta, verso ciò che non conosciamo, l’inatteso. Verso una visione meno opaca e conformista della realtà. 

L’azione di camminare, di percorrere un sentiero di campagna, non va intesa solo in senso ecologico, ma va letta in senso antropologico, come difesa dell’uomo, della natura, dei valori umani, della creatività. Piantare un albero e camminare sono le basi di un pensiero nuovo che opporrà lentezza, profondità e dolcezza a questa transizione ecologica che prevede finzione, velocità esasperata, competizione e alla fine devastazione della natura, delle nostre vite, del futuro dei nostri figli.

Riprendere il filo vuol dire riprendere la semplicità del passo dopo passo. Che è pura arte, memoria e soave pensiero per i nostri compagni di viaggio. Fino a cogliere orizzonti diversi e inattesi. Perché il miracolo è la meraviglia. E la consapevolezza. 

Dedicato a Giuditta Parisi che non c’è più. E a quando, liberi e creativi, camminammo e conversammo di fianco. 

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