
Degli aspetti tecnici e finanziari ci siamo occupati in un precedente articolo (https://www.remocontro.it/2020/02/27/leconomia-comportamentale-da-virus-e-la-crisi-reale-che-verra/) e “RemoContro” ha seguito i vari passaggi di cronaca politica ed economica. Ultimo, l’intervento in Parlamento del Presidente del consiglio, Mario Draghi. Qui preme sottolineare alcuni aspetti non direttamente legati al piano in sé, ma indispensabili al suo funzionamento ed alla sua applicazione. Principalmente, la governance, la leadership e le riforme legislative da realizzare in Italia. Aspetti tra loro connessi e che rappresentano una parte non secondaria del complesso intervento.
Governarce: come si ricorderà, è stato il principale punto di frizione che ha messo in crisi il precedente governo, il quale voleva attribuire ad una pletora di consulenti esterni (circa trecento) la conduzione ed il controllo del programma. Adesso, invece, sarà il Ministero dell’economia e delle finanze a prendere in mano le redini, mentre la cabina di regia istituita presso la Presidenza del consiglio si occuperà di dirimere eventuali controversie e coordinare le strategie. Per la realizzazione dei vari programmi, tecnici e commissari avranno la possibilità di operare con una certa elasticità, grazie anche alle semplificazioni burocratiche che si richiamano al “modello Genova” adottato per il ponte Morandi.
Quest’ultimo tema ci introduce alle riforme che la Commissione europea ritiene di primario interesse, non senza ragioni. Principalmente, giustizia civile, burocrazia, procedure, lavoro nero, concorrenza, rispetto dei tempi di realizzazione dei programmi e loro corretta esecuzione. L’Europa continua a non fidarsi dell’Italia e lo ha fatto pesare con continue richieste di chiarimenti, rettifiche e puntualizzazioni. Tanto che il ministro dell’economia, Daniele Franco, è stato praticamente sequestrato al ministero per poter rispondere alle continue sollecitazioni ed input provenienti da Bruxelles.
Non se ne usciva più. Il premier Draghi, tra venerdì e sabato scorso, ha alzato il telefono ed ha parlato con la presidente della commissione, Ursula Von Der Leyen.
“D’accordo per le richieste di chiarimenti -ha detto in sostanza-, ma non potete chiederci tutto e subito. L’Italia merita maggiore rispetto. Mi impegno personalmente che l’Italia farà di tutto per adempiere ai suoi impegni”. Tanto è bastato per far cadere ogni perplessità europea. Ecco il tema della leadership. Si è potuto conseguire questo risultato perché il premier ha speso, nell’occasione, il prestigio e la stima internazionale di cui gode. E questo la dice lunga sulla necessità, per un grande Paese come l’Italia, di affidarsi a leader di prestigio e non al primo che passa. La differenza si vede ed i risultati lo confermano.
Anche se bisogna sottolineare che Draghi si sta avviando a diventare leader riconosciuto dell’Unione europea, non solo per suo merito, ma anche per demerito altrui. Come testimonia la fallimentare campagna vaccinale condotta dalla Commissione, il comportamento da “peracottaro” di Charles Michel nel corso dell’incontro con Erdogan, il precedente della Grecia massacrata durante la crisi finanziaria di anni fa.
Se il piano sarà approvato dalla Commissione, pandemia permettendo, l’Italia potrà forse riprendere la strada della ripresa economica. Il punto è che, se una parte del maggiore prodotto interno lordo che presumibilmente sarà realizzato, insieme con il frutto di una auspicabile lotta all’evasione fiscale, non viene dedicato alla riduzione del debito pubblico, il Paese non uscirà mai dalla sua situazione di pura sopravvivenza. Altro che ripresa! Tutto cadrà sulle spalle delle generazioni future.
§§§