24 aprile 1921, un secolo fa, la ‘domenica di sangue’ a Bolzano, assaggio della violenza fascista
24 aprile 1921, un secolo fa, la ‘domenica di sangue’ a Bolzano, assaggio della violenza fascista

Era il 24 aprile del 1921, dunque un secolo fa, quando a Bolzano nella giornata passata alla storia come la “domenica di sangue”, il fascismo che stava nascendo mostrò il suo volto violento uccidendo Franz Innerhofer, maestro di Marlengo.
Domenica di sangue (in tedesco Blutsonntag o Bozner Blutsonntag), gli scontri avvenuti tra i partecipanti ad una sfilata in costume tirolese e squadre d’azione fasciste a Bolzano, in occasione dell’apertura della “Fiera di primavera” (Bozner Frühjahrsmesse) nel 1921, la prima del dopoguerra.

Dopo la Grande Guerra

All’indomani dell’armistizio del novembre 1918 il regno d’Italia occupò i territori assegnati dagli alleati e che successivamente, dopo la firma dei trattati di Versailles e di Saint Germain nel 1919, sarebbero diventati parte del regno stesso. Prima del definitivo passaggio i territori furono messi nelle mani di governatori militari affiancati da commissari civili, i quali rivestivano grossomodo le funzioni dei prefetti: nel caso delle attuali provincie di Bolzano e Trento le due figure chiave furono il generale Guglielmo Pecori-Giraldi e il politico e storico nazionalista Ettore Tolomei, che poi avrebbe aderito al fascismo rivestendo un ruolo di primo piano e diventando senatore del regno nel 1923. Il primo, pur nella rigidità della mentalità militare, cercò di attuare una politica relativamente neutrale nei confronti della popolazione di lingua tedesca di Bolzano, mentre il secondo, sulla base dei delle sue convinzioni nazionaliste, aveva sempre sostenuto la totale ‘italianità’ anche della parte germanofona. Le proposte di Tolomei erano talmente radicali che lo stesso generale, in contrasto con il collega civile (che pure rappresentava direttamente il regio governo), cercò in varie occasioni di mitigarle o comunque di attuarle con gradualità.

La situazione delle nuove province

Tutto il Tirolo storico, comprendendo cioè anche la parte al di la del Brennero, era uscito devastato dalla guerra e si trovava in condizioni disastrose. Questa situazione faceva ulteriormente riflettere sulla politica da attuare: una snazionalizzazione violenta e immediata, voluta da Tolomei, avrebbe anche aggravato la fragile situazione, mentre – secondo il generale – sarebbe stata  «troppo lontana dallo spirito dei tempi, dalle tradizioni italiane, dal carattere del nostro popolo». A metà del 1919 il destino della provincia era comunque segnato e si spensero anche da parte della popolazione di lingua tedesca le ultime velleità di rovesciare i trattati internazionali: anche per le divergenze di opinioni con il governatore militare il nazionalista Tolomei nel luglio 1919 fu allora sostituito da Luigi Credaro, un liberale che in passato era stato ministro della pubblica istruzione, noto per aver migliorato le condizioni degli insegnanti elementari mettendoli alle dipendenze dello stato e non più dei comuni. Nel frattempo però nel resto del Paese la situazione si andava aggravando e iniziavano a comparire quelle manifestazioni di violenza politica che avrebbero accompagnato la nascita del fascismo.

Fascismo e squadrismo

La nascita delle prime formazioni fasciste ovviamente non toccò Bolzano ed anche a Trento all’inizio fu alquanto limitata: aderirono principalmente accesi elementi nazionalisti, come fece in seguito appunto Ettore Tolomei, ma fino alla primavera del 1921 la presenza fascista fu in complesso marginale. Si manifestò però sin da subito una tendenza all’intimidazione e alle azioni violente in piccoli episodi si sopraffazione, tutti avvallati dai vertici se non da Benito Mussolini in persona che aveva scelto come responsabile del movimento in Trentino  uno dei fascisti ‘della prima ora’ tra i più fedeli: Achille Starace. E Starace iniziò subito una campagna per la destituzione immediata dei sindaci nominati nell’anteguerra (cioè ancora dall’impero asburgico), scontrandosi direttamente con il sindaco di Bolzano Julius Perathoner, che per comprensibili motivi non nascondeva invece il suo legame storico e culturale con l’impero scomparso. Starace inoltre era collegato alle azioni particolarmente violente e sanguinarie che stava conducendo Roberto Farinacci, il famigerato ‘ras di Cremona’.

La domenica di sangue

Fu in questo clima teso che maturarono le condizioni  per la spedizione squadrista a Bolzano il 24 aprile 1921, in occasione della fiera, tradizionale momento di incontro delle popolazioni delle vallate sudtirolesi. Da una parte l’avvenimento rivestiva un significato locale in quanto si trattava della ripresa della manifestazione dopo la guerra, ma dall’altra si trattava anche della giornata in cui in Austria si teneva il plebiscito per il passaggio del Nord Tirolo alla Germania. Partito da Trento con un paio di centinaia di squadristi, Starace, con colpi d’arma da fuoco e lancio di ordigni, aggredì una processione che stava sfilando provocando una settantina di feriti e una vittima: il maestro elementare di Marlengo  Franz Innerhofer che stava cercando di mettere al riparo dalla sparatoria due suoi scolari. «Questo crimine deve essere e sarà punito», scrisse all’indomani in un proclama il commissario Credaro, ma l’inchiesta che seguì non produsse risultati. Nell’ottobre 1922, prima della marcia su Roma, si ripeté un altro tentativo di occupazione della città rivolto questa volta anche contro lo stesso Credaro, al quale parteciparono altre centinaia di squadristi guidati sempre da Starace. Ormai però era tutta Italia ad essere in pericolo.

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