
A titolo esemplificativo, uno di loro che ce l’ha fatta, Ousmane Diop di Torino, ha raccontato che “quando stava a Udine, ha giocato contemporaneamente in ben quattro campionati: under 18, under 20, serie C e serie A2. E Ousmane Diop confessa e assieme denuncia: «Praticamente ero sempre sul parquet. E in sei anni non ho mai rivisto la mia famiglia». Molto oltre l’eventuale reato sportivo.
«Cercasi ragazzi alti almeno 1,95, dai 13 ai 15 anni, da mandare in Europa». Con annunci come questo, decine di atleti minorenni sono stati reclutati in Mali da un gruppo sportivo che li ha fatti venire in Italia per giocare a basket nei nostri campionati giovanili. Tutti passano dalla Spagna con borse di studio fittizie. «E’ un uso distorto delle normative vigenti», dice l’avvocato Stefano Molfino, esperto in diritto minorile.
Il sogno di realizzare un’esistenza migliore grazie alla possibilità di giocare a pallacanestro, e magari avere successo a tento soldi, si paga con la lontananza dalla famiglia e da relazioni legalmente poco chiare con procuratori sportivi che certamente ci guadagnano. E non solo 100 euro di paghetta al mese elargite all’atleta, il sospetto di Ricucci e nostro. Per le società che pagano, miseria da miserabili.
Secondo un sociologo dello sport, Pippo Russo, «Il sogno di questi ragazzi può essere tutelato solo facendoli crescere nei loro Paesi, evitando cioè che emigrino giovanissimi ed evitando poi che prevalgano nella loro formazione sportiva gli interessi economici esterni». Vero, ma anche un’utopia, secondo l’autore dell’inchiesta e la stessa federazione basket che ora ha scoperto ciò che forse non voleva vedere prima.
«Nei Paesi da cui arrivano i giovanissimi cestisti non esistono strutture e organizzazioni adeguate alla crescita sportiva di giovani possibili professionistici, e addirittura le potentissime FIBA ed NBA, pur alleandosi fra loro, non sono ancora riuscite a far partire un campionato interafricano con Nazioni come Angola, Egitto e Nigeria che esprimono già da molti anni una pallacanestro di un certo livello».
Grazie all’inchiesta di Amedeo Ricucci, ‘rinnovata attenzione’ alle regole di tesseramento che prevedono tutta una serie di garanzie per quei ragazzi: dai tutor alla loro formazione scolastica e tutto ciò che prevede la legge. «Poi però ci sono situazioni che sta agli organi competenti verificare, in primo luogo la regolarità dei permessi di soggiorno, che a noi non compete», cerca di scaricare la federazione sportiva.
Per fortuna c’è Ricucci che non molla
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