
Alberto di Sassonia-Gotha-Coburgo, marito della regina Vittoria e primo ‘principe consorte’ della storia britannica, era nato nel 1819 a Rosenau, nel ducato di suo padre in Germania, ed era stato battezzato come Franz Albrecht August Karl Emanuel. Già nell’infanzia, il nome Albrecht fu sostituito nell’uso corrente da Albert, cosa che si rivelò in un certo senso provvidenziale perché, se gli inglesi all’inizio considerarono con un certo sospetto un principe tedesco accanto alla loro regina sul trono, difficilmente ne avrebbero sopportato un nome troppo germanico. Dopo un’educazione in casa guidata da un precettore su storia, geografia, scienze naturali e soprattutto le lingue straniere, Albert, frequentò per un breve l’università di Bonn. Nel periodo dell’adolescenza compì anche numerosi viaggi, soprattutto in Belgio e in Inghilterra. Visite di famiglia. Re del Belgio era infatti lo zio Leopoldo, fratello del padre, e in Inghilterra risiedevano altri illustri parenti, dato che numerose duchesse tedesche avevano sposato altri membri della casa reale inglese. In realtà, già nel 1836, quatto anni prima del matrimonio con la regina Vittoria, il duca di Sassonia-Gotha-Coburgo aveva condotto i figli Ernst ed Albert a Londra cominciando a tessere la lunga trama che avrebbe portato alle nozze reali.
Alexandrina Victoria, regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda dal 20 giugno 1837 e Imperatrice d’India dal 1876 fino alla sua morte, nel 1901, sposò suo cugino, il principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha, nel 1840. I suoi nove figli e venti dei suoi quarantadue nipoti si sposarono con altri membri dell’aristocrazia e della nobiltà europea, unendole tra loro. Ciò le diede il soprannome di «nonna d’Europa»
Alberto, dopo il matrimonio volle dimostrare con teutonica tenacia che sarebbe diventato più inglese degli stessi inglesi e riuscì nell’intento diventando poi anche una figura amata e popolare. Nei primi mesi tuttavia dovette faticare non poco e rimase in uno splendido isolamento: Vittoria manteneva infatti strettamente separata la sfera privata da quella pubblica regale e, soprattutto, era consigliata in tal senso da coloro che non avevano gradito il matrimonio con uno ‘straniero’. Per prima cosa Alberto riprese allora a studiare: si dedicò allo studio delle istituzioni inglesi frequentando gli ambienti accademici e divenne membro della Royal Society. Contemporaneamente, dedicandosi a questioni in apparenza secondarie come il riordino degli archivi reali, il parco di Windsor o il funzionamento della reggia – alle quali impresse tuttavia una propria impronta –, assunse anche un ruolo tra il politico e il culturale, rivestendo la presidenza della società per l’abolizione della schiavitù. Agli occhi di Vittoria, nonostante le finalità più etiche che politiche di questo impegno, la cosa non passò inosservata, come pure i rapporti che Alberto intratteneva con alcuni membri del parlamento, non sempre tra i più fedeli sostenitori del governo di sua maestà.
Solo dopo la nascita del secondo figlio Edoardo nel 1841, che sarebbe diventato re Edoardo VII nel 1901 all’età di sessant’anni, Alberto ebbe finalmente accesso alle carte reali, ovvero ai documenti di stato che il capo del governo recapitava quasi quotidianamente nella famosa valigia rossa, mentre nel frattempo Vittoria nei primi sei anni di regno diede alla luce cinque figli. L’apogeo di questo periodo fu raggiunto nel 1851, quando per volontà del principe – che sovraintese a tutti gli aspetti organizzativi –, a Londra si tenne l’Esposizione universale e fu realizzato allo scopo il Crystal Palace, struttura per l’epoca di una sconvolgente modernità in quanto realizzata in ferro e vetro. Alberto consacrò così definitivamente il suo nome all’idea del progresso, dato che in precedenza aveva anche sostenuto la realizzazione delle prime linee ferroviarie collegando le principali città inglesi. Altri interessi del principe, che divennero in seguito veri e propri atti fondativi di tante tradizioni oggi squisitamente britanniche, si riversarono nei confronti dell’agricoltura con la Royal Agricoltural Society of England o dell’università, tanto che nel 1847 Alberto era stato nominato cancelliere dell’università di Cambridge.
Alberto morì nel 1861 a quarantadue anni ufficialmente per una febbre tifoidea, ma ipotesi più recenti parlano piuttosto di un tumore all’esofago o del morbo di Chron. La scomparsa del marito fu per Vittoria un evento traumatico le cui conseguenze pesarono per lunghi anni sulla famiglia, sulla corte e sul regno. In un primo tempo Vittoria ne attribuì la responsabilità al figlio Edoardo che lo aveva fatto ammalare di polmonite avendolo costretto a subire un violento acquazzone. A corte fu imposto un lutto strettissimo e nel paese – per manifestare il cordoglio universale – furono lungamente bandite manifestazioni ritenute frivole: la stessa Vittoria indossò abiti neri per lunghi anni o fece ricoprire di coccarde a lutto quadri od oggetti appartenuti allo scomparso. Ovunque si moltiplicarono i primi segni di un vero e proprio culto albertiano e le comparse a Londra della regina si fecero sempre più rare, preferendo l’isolato castello di Balmoral alla chiassosa capitale. Tutti aspetti anticipatori dell’oggi e che sembrano riemergere ogni volta che i riflettori si puntano sulla Royal Family.