
Un periodo molto critico si è avuto dopo la creazione dello Stato di Israele non solo per le varie guerre sopravvenute ma in particolare per le migrazioni di masse di profughi palestinesi verso la Giordania dal 1948 in poi che ha avuto anche svolte molto drammatiche fra cui il ‘settembre nero’ del 1970 in cui Re Hussein reagì militarmente a un tentativo da parte di gruppi palestinesi di rovesciare la monarchia hashemita. La componente palestinese in Giordania, arrivata ormai anche alla quarta generazione, rappresenta oggi circa il 50% della popolazione giordana ed ha generato uno dei più drammatici fenomeni migratori della storia contemporanea. In questa situazione è importante ricordare la designazione da parte di Re Abdullah nel 2004 di suo figlio quale erede al trono, privando di tale titolo il fratellastro Hamza (che ha denunciato di essere agli arresti domiciliari nelle scorse ore). Tale decisione farà sì che il prossimo sovrano hashemita del Regno di Giordania sarà un sovrano che ha anche sangue palestinese (la Regina Rania è come noto palestinese).
Va ricordato che un altro ramo hashemita ha regnato in Iraq fino al colpo di stato del 1958 e che, subito dopo la caduta di Hussein nel 2003, alcune fonti ipotizzarono un ritorno della dinastia hashemita in Iraq.
La funzione di polo di attrazione della Giordania su masse di profughi provenienti dai paesi vicini si è poi confermata purtroppo anche in anni più recenti durante la prima e poi la seconda guerra del Golfo che ha visto una migrazione in più ondate di oltre mezzo milione di iracheni, sunniti ma anche sciiti e cristiani, e più recentemente dalla Siria, con punte di oltre un milione di profughi. Al momento i profughi in Giordania, a parte i palestinesi, risulterebbero circa 700.000 ospitati per lo più in campi in aree semidesertiche che ormai hanno assunto la configurazione di megalopoli di fortuna. Seppure supportati dagli aiuti internazionali ciò rappresenta per un paese povero e con limitatissime risorse idriche, un onere di assoluta criticità poiché equivale a circa il 7% della popolazione (come avere circa 4 milioni di profughi in Italia). Sotto un profilo più generale, va quindi osservato che le vicende conflittuali degli ultimi 70 anni hanno indotto verso la Giordania un flusso globale di profughi pari a circa il 100% della popolazione media giordana originale di questi decenni, ciò rende il caso ‘Giordania’ un fenomeno di dinamica etnica più unico che raro nella storia moderna.
Parallelamente la Giordania ha poi condotto una politica di notevole equilibrio nell’area in particolare quale primo paese , con l’Egitto, a firmare un trattato di pace con Israele già del 1994. Tuttavia alcune recenti decisioni israeliane (Gerusalemme capitale ed il ‘Deal of the Century’ firmato con gli USA ed accettato da alcuni paesi arabi) hanno notevolmente peggiorato tali rapporti e sono state definite a “direct threat to Jordan’s sovereignty and independence”. Oltre alla questione della West Bank, vi è una questione forse meno nota ma non meno grave e riguarda le preoccupazioni giordane di perdere la “Custodia” sulla moschea di Gerusalemme che detiene dal 1924 e che, insieme alla discendenza da Maometto, costituisce motivo di particolare prestigio per la dinastia hashemita in tutto il mondo islamico.
Ciò in parte spiegherebbe anche le diffidenze ed i possibili contrasti, citati da varie fonti, nei confronti dell’Arabia Saudita che già un secolo fa aveva sottratto alla dinastia hashemita dopo secoli il controllo della Mecca. Alcune fonti negli ultimi mesi hanno anche ipotizzato una denuncia da parte giordana del trattato di pace del 1994 con Israele. Con riferimento all’ intera intricata situazione giordano-israelo-palestinese ed agli imprevedibili potenziali sviluppi, un ex diplomatico britannico esperto di M.O. ha affermato recentemente: “It would be like throwing a grenade into a crowded room”.
Va poi ricordato che il governo giordano e la dinastia hashemita, come altri paesi islamici, è da anni inclusa fra gli obiettivi dichiarati dei gruppi jihadisti e che in Giordania sono cresciuti alcuni fra i principali esponenti del terrorismo islamico: Abdullah ‘Azzam ( definito il vero ideologo di al-Qa’ida), Al-Zarqawi (fondatore dell’ ISI poi diventato ISIS), Al-Maqdisi (unico vivente, il teorico più letto dell’estremismo islamico). Ciononostante il paese mantiene un adeguato livello di democrazia con regolari elezioni.
Circa il ruolo moderatore e di equilibrio di Re Abdullah vanno infine ricordati due eventi poco noti ma molto significativi. Alla vigilia dell’invasione dell’Iraq del 2003 egli ammonì che tale invasione avrebbe scoperchiato un “Vaso di Pandora” in tutto il Medio Oriente dalle conseguenze imprevedibili, la storia purtroppo gli avrebbe dato pienamente ragione, ma non fu ascoltato.
Nel 2004, quando si erano ormai consolidati gli orientamenti ideologici dell’estremismo islamico in particolare con al-Qa’ida, Re Abdullah promosse una iniziativa (Risalat ‘Amman – Lettera di Amman), unica nel suo genere ed estremamente coraggiosa, che produsse poi un documento nel 2005 firmato da oltre 200 imam e giureconsulti musulmani, anche sciiti (es l’ Ayatollah Al-Sistani), da oltre 50 paesi, in esso venivano demoliti sul piano teologico e dottrinale molti dei cardini ideologici adottati dall’estremismo islamico e dalle devianze dottrinali jihadiste.
La Giordania rappresenta al momento l’unica oasi di stabilità in un continuum di instabilità e conflittualità che va dall’Africa Occidentale all’ Afghanistan, perdere o degradare tale oasi di stabilità sarebbe una iattura dalle conseguenze imprevedibili per la Comunità Internazionale.