
La Pasqua rossa. La primavera è rossa. Ma non come pensavamo noi, di libertà e giustizia, di uguaglianza. La risurrezione di Cristo che non interessa a nessuno, contano aperture e chiusure, numero di militari a controllare i poveri cristi senza un biglietto aereo per le Maldive. Lo vedi? Ricado nella bolla di rabbia, con i precari, i senza futuro, i senza lavoro, in compagnia di quelli che non sanno più dove poggiare rimorsi e dove conservare le sconfitte. Le migliori sconfitte, seduti dalla parte del torto. Ieri come oggi.
Oggi è festa. Domenica di rinascita simbolica e che sia anarchica e sacra, a mostrare il segno eloquente del fatto che nonostante la mediocre errata meditabonda realtà fatta di spot e sinceri falsi consigli metodici e mediatici, non siamo ancora finiti. Siamo ancora in grado di tirar fuori la testa dalla trincea, rischiando la vita, è ovvio, ma sorprendendo ogni ipotesi di resa incondizionata. Per spalancare gli occhi, per spezzare lacci e lacciuoli, cantare nenie strabilianti che risuonano nel nascosto dell’anima, buttar giù muri, sconfiggere prigioni. Smessi gli sfarzosi paramenti di antiche cerimonie, usciremo alla vita per costruire brecce, spalancare ipotesi inaudite, rincorrere ogni sconcertante necessità del cuore, del coraggio di esistere, di non celarsi pallidi nel vedremo, nel chissà, nella risposta assurda dell’assolutamente sì, quando l’assoluto -per quello che sentiamo, per quello che vediamo – ci chiama a un no. A un preferirei di no.
Respiro l’aria magica di San Quirico d’Orcia, l’amicizia, la bellezza e so che torneremo a celebrare il dono dell’incontro. Sovversivi. Senza paura.