
Ad aprire la crisi politica nel novembre 2018 è stato il leader del partito ultra-nazionalista russofono Avigdor Lieberman, all’epoca ministro della Difesa. E per il premier Netanyahu prime elezioni anticipate della serie. La novità di allora era Benny Gantz, ex capo di Stato maggiore, che fonda un nuovo partito, Blu e Bianco, di centro dice, ma con altri due generali: Moshe Yaalon e Gabi Ashkenazi.
Un partito in mimetica per mandare a casa il leader del Likud sempre più discusso. Ma il responso delle urne non è chiaro, tutti celebrano vittoria ma nessuno ha i numeri sufficienti: 35 seggi ciascuno alla Knesset su 120. Il presidente Rivlin, stesse origini politiche di Netanyahu, incarica lui di formare un governo che neppure nasce.
17 settembre 2019, stesso scenario politico. Netanyahu contro Gantz, in una campagna durissima; l’ex capo di Stato maggiore attacca a testa bassa e promette che non entrerà mai in un esecutivo con il leader del Likud. Nuova sostanziale parità, e Netanyahu nuovamente scelto per tentare un governo. Proposta di esecutivo di unità nazionale ma Gantz rifiuta. Questa volta il presidente arbitro discusso, è costretto a dare l’incarico a Gantz, ma anche lui – dopo un mese di colloqui – è costretto a riconoscere il fallimento.
Il 21 novembre, il procuratore generale Avichai Mandelblit incrimina Netanyahu per corruzione, frode e abuso di fiducia in tre casi, la prima volta di un premier sul banco degli imputati.
Ora, alla cruisi politica si aggiungono i primi segni della pandemia Covid. Il Likud ottiene 36 seggi contro i 33 di Gantz che però, forte dell’appoggio di 61 deputati, ottiene l’incarico; ma non riesce a mettere insieme una coalizione. Nel frattempo, lo Stato ebraico è costretto a un duro lockdown per cercare di arginare la Pandemia. Il 20 aprile i due acerrimi rivali annunciano di aver trovato un accordo per un governo d’emergenza che ha come primo obiettivo ‘salvare’ il Paese dall’epidemia.
Accordo di 3 anni e capo del governo a rotazione ed ovviamente inizia Netanyahu. Ma il generale Gantz sbaglia tutto e perde persino il suo esercito. Inizia una difficile coabitazione al potere tra Likud e Blu e Bianco che frana rovinosamente a dicembre sulla mancata approvazione della legge di bilancio. La Knesset viene sciolta e nuove elezioni per questo 23 marzo.
Gantz, crolla nei sondaggi a causa del tradimento con Bibi, ma la situazione non è cambiata granché. Nessun blocco avrebbe la maggioranza per formare un governo. Il leader del Likud, deve vedersela con tre principali avversari: il centrista Yair Lapid, l’ex alleato nel Likud Gideon Saar, e il campione della destra ultra-nazionalista Naftali Bennett.
Netanyahu lontano dai 61 seggi con i partiti ultraortodossi, dovrà quindi cercare l’appoggio scomodo di Naftali Bennett, di Yemina, partito della destra nazionalista. L’unico dell’opposizione che non ha giurato “tutto tranne Bibi”. Mansour Abbas, parlamentare fuoriuscito dalla Lista Araba Unita, che dice apertamente che sosterrà chi gli offrirà di più. In una coalizione che potrebbe includere la destra religiosa nazionalista di Itamar Ben Gvir, “l’avvocato dei coloni”.