La peggior Turchia contro le donne e le violenza subite e il peggior Erdogan contro quel poco di democrazia che restava
La peggior Turchia contro le donne e le violenza e il peggior Erdogan contro quel poco di democrazia che resta

Turchia ferita dalla pandemia mal combattuta, da una crisi economica travolgente, e ora anche l’offesa di una visione delle donna letta da un islamismo medioevale, e dispotismo senile di un presidente ormai preda delle spinte più reazionario interne al suo partito di potere e corruzione.
Il ritiro dalla Convenzione d’Istanbul per combattere la violenza contro le donne. Convenzione firmata da 34 Stati europei. La figlia di Erdogan che prova a salvare il padre padrone.
Tre giorni fra, il 17 marzo, la richiesta dal partito personale di Erdogan, l’Ak Parti, di chiusura dell’HDP, il partito progressista d’opposizione e soprattutto curdo, ora al vaglio della Corte costituzionale e la privazione del seggio parlamentare a Ömer Faruk Gergerlioğlu, massimo esponente dei quasi 20 milioni di curdi di Turchia.
Subito dopo sarebbe galera.

Oltra la decenza e ogni ragionevolezza

Stracciato l’accordo di Istanbul, ed oltre le vergogna, è beffa. La Turchia si è ritirata dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Erdogan ha deciso di uscire dall’accordo benché nel paese il numero di femminicidi e di abusi domestici sia in aumento. Un accordo internazionale promosso dal Consiglio d’Europa entrato in vigore nel 2014 per prevenire e combattere la violenza contro le donne, lo stupro coniugale e le mutilazioni genitali femminili.

Cronaca ANSA quasi stupefatta

(ANSA) – STRASBURGO, 20 MAR – La decisione della Turchia di ritirarsi dalla Convenzione d’Istanbul “è un enorme passo indietro che compromette la protezione delle donne in Turchia, in Europa e anche oltre”. Convenzione che “è stata firmata da 34 Stati europei ed è considerata lo standard internazionale per la protezione delle donne dalla violenza che subiscono quotidianamente”
Turchia: figlia Erdogan, giusto ritiro Convenzione Istanbul
(ANSA) – ISTANBUL, 20 MAR – “La Convenzione di Istanbul è stata un’importante iniziativa per combattere la violenza contro le donne. Al punto in cui siamo arrivati, ha ormai perso la sua funzione originaria e si è trasformata in una ragione di tensioni sociali”.
Consideriamo la decisione del ritiro” della Turchia come una conseguenza di queste tensioni” dichiara in una nota l’associazione di donne islamica Kadem, la cui vicepresidente è Sumeyye Erdogan, figlia del capo dello stato Erdogan.

Secondo i conservatori islamici, i principi della Convezione indeboliscono la famiglia tradizionale e promuovono la cultura lgbt+.

Le donne preda per qualche voto maschilista in più

Il presidente Erdogan che nel 2011 firmò la Convenzione –allora con poteri decisamente meno assoluti degli attuali- aveva citato spesso la Convenzione come dimostrazione dei presunti avanzamenti della Turchia nella parità di genere. In anni più recenti, mentre lo stile di governo di Erdogan diventava sempre più autoritario, le cose sono però cambiate: il presidente ha cominciato a dare ascolto ai gruppi islamici più conservatori, di cui fanno parte anche molti esponenti di rilievo dell’AKP, il suo partito, secondo cui la Convenzione di Istanbul sarebbe contraria alle norme dell’Islam e incoraggerebbe divorzio e omosessualità.

Il vicepresidente Fiat Oktay, su Twitter: «soluzione per elevare la dignità delle donne turche, sta nelle nostre tradizioni e nei nostri costumi, non nell’imitazione di esempi esterni».

Turchia maschilista regressiva e violenta

Secondo un’associazione che monitora i casi di violenza contro le donne, citata dal Financial Times, nell’ultimo anno in Turchia ci sono stati almeno 300 femminicidi, e 171 donne sono state uccise in circostanze sospette. Inoltre, soltanto nei primi 65 giorni del 2021 in Turchia ci sono stati 65 femminicidi. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità almeno il 40 per cento delle donne turche è vittima di violenza compiuta dal proprio partner, rispetto a una media europea del 25 per cento

Erdogan spegne ancora la libertà politica in Turchia

Meno clamoroso ma forse ancora più grave, quanto deciso tre giorni prima. Il 17 marzo altra pagina nera per i diritti umani nel Paese: la richiesta di chiusura dell’HDP, il partito progressista e filo curdo, che è ora al vaglio della Corte costituzionale, assieme alla privazione del seggio parlamentare a Ömer Faruk Gergerlioğlu, uno dei più prestigiosi attivisti per i diritti umani del paese già vittima della persecuzione post tentato golpe del 2016, segnala Mariano Giustino sull’HuffPost.

Persecuzioni modello fascista

«Gergerlioğlu era stato raggiunto dai famigerati decreti KHK varati durante lo stato di emergenza, la sua carriera di prestigioso medico pneumologo era stata distrutta, licenziato dall’ospedale e ridotto in condizione di indigenza, ha trascorso due anni in carcere accusato di sovversione contro i poteri dello stato perché sospettato di far parte della rete del religioso Gülen, ritenuto la mente del fallito golpe»
Gergerlioğlu ha dedicato tutta la sua vita agli ultimi, ed ora è perseguitato per le sue denunce su Twitter di episodi di tortura avvenuti prevalentemente contro alcune detenute, nelle carceri e nei commissariati di polizia.

La catena della repressione senza limite

L’ulteriore svolta autoritaria sembra sia stata imposta al presidente in calo di consensi dal partito alleato di governo MHP, l’ultra destra dei Lupi Grigi (quello di Ali Agca e dell’attentato al papa). Devlet Bahçeli, segretario MHP, viene indicato da molti osservatori terzi come il “leader ombra” della Turchia, Erdoğan in un angolo, «circondato da gruppi di potere politico-affaristici corrotti e vicini a ideologi dell’estremismo di destra-nazionalista, in un momento in cui il leader turco appare sempre più allo sbando».

Logorato e indebolito da diciotto anni di potere, il Presidente turco è anche alle prese con una faida interna al suo partito che ha vissuto già due scissioni con la fuoriuscita di leader storici e fondatori.

Verso l’ottavo partito curdo chiuso

Se l’HDP dovesse essere chiuso, sarebbe l’ottavo partito filocurdo ad essere messo al bando per il suo presunto coinvolgimento in attività “terroristiche”. Dalla sua fondazione nel 1963, l’Alta Corte ha chiuso 26 partiti, ma già prima della sua costituzione, 18 formazioni politiche erano state chiuse dai tribunali militari ed altre per decisione del Consiglio dei ministri e dei tribunali locali.
Un cammino costellato di colpi di stato riusciti e di altri falliti, di processi riformatori che si sono arenati e di regressioni fortemente autoritarie con partiti messi al bando e media critici oscurati e chiusi; con giornalisti, intellettuali e politici d’opposizione dietro le sbarre.

Con Erdogan sempre più vicino all’islamismo e potere modello saudita alla Bin Salman e una Turchia di sempre maggior imbarazzo Nato, molto attese le novità politiche di Biden -se ci saranno- dopo la coperture di Trump al presidente padrone e despota delle Turchia.

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