Contro chi col futuro ci fotte il presente
Contro chi col futuro ci fotte il presente

A un certo punto della vita, cari lettori adorati, occorre prendere posizione rispetto al presente. Lo so, lo so, ognuno pensa di vivere nel presente, tanto più se virtualmente, e che vivere o sopravvivere sia sufficiente, visti i tempi. Ma no, non è così. Il presente che ci appare così rassicurante, nelle sue difficoltà e assurdità mediaticamente sottolineate, è un terreno scivoloso. Qualcosa che sembra non esistere, risucchiato com’è da una proiezione verso il futuro che lo divora prima ancora che accada. 

Ecco, direi che in questo presente friabile e anche un po’ penoso, l’adesione totale al proprio tempo, alla dialettica legata a poche e inutili circostanze, l’accettazione passiva di tutto ciò che sembra sempre proiettato a un domani migliore, dimenticando il passato, crea le macerie sulle quali è impossibile camminare e quindi agire. Macerie politiche, culturali, sociali. Macerie per qualcuno utili, realizzate sapientemente attraverso la distruzione della memoria, l’annichilimento del ricordo (re-cordare, riportare al cuore), la perdita di coscienza, per una serie di proiezioni verso il futuro fatte di paure, emergenze e illusioni. Di tutto ciò che determina la rottura con la storia e con le storie di ognuno di noi, in attesa di niente. Di niente da poter verificare e giudicare. 

Scrive Agamben che il futuro, come la crisi, è un efficace dispositivo di potere: “Che esso venga agitato come un minaccioso spauracchio (impoverimento e catastrofi ecologiche) o come un radioso avvenire (come dallo stucchevole progressismo), si tratta in ogni caso di far passare l’idea che noi dobbiamo orientare le nostre azioni e i nostri pensieri unicamente su di esso. Che dobbiamo, cioè, lasciare da parte il passato, che non si può cambiare ed è quindi inutile – o tutt’al più da conservare in un museo – e, quanto al presente, interessarcene solo nella misura in cui serve a preparare il futuro. Nulla di più falso: la sola cosa che possediamo e possiamo conoscere con qualche certezza è il passato mentre il presente è per definizione difficile da afferrare e il futuro, che non esiste, può essere inventato di sana pianta da qualsiasi ciarlatano. Diffidate, tanto nella vita privata che nella sfera pubblica, di chi vi offre un futuro: costui sta quasi sempre cercando di intrappolarvi o di raggirarvi”. 

Ci rifletto, lavorando in questi mesi con un corso universitario che procede in direzione ostinata e contraria, puntando su storia e storie, su ricordo e immaginazione, per meglio afferrare la contemporaneità, spiazzando la realtà per meglio comprenderla. Per un progetto che mette al primo posto il patrimonio, inteso come valore della comunità, idea del territorio, paesaggio umano e non musealizzato. 

Ci rifletto, pensando alla transizione ecologica. A questo viaggio verso il futuro che traghetterà risorse e speranze verso un luogo sconosciuto. Al servizio di personalità sicuramente competenti, legate al mondo militare, alle forze della guerra, simbolica e reale, quindi della distruzione necessaria per ottenere un successo futuro che nessuno potrà mai verificare (questo è il segreto dei competenti). E che ci costerà – parafrasando Agamben – l’esproprio della nostra cultura storica, archeologica, ambientale. L’esproprio, col nostro passato, anche del presente (ed è già in atto). 

Tags: futuro
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